Per Coldiretti, che vanta circa cinquanta agriturismi nella Tuscia associati a Terranostra e Campagna Amica, sono ancora tanti gli aspetti che vanno disciplinati per la tutela dei “veri agriturismi”.
Per questo è necessario intervenire – dice una nota dell’associazione – con urgenza sull’applicazione del regolamento in materia di agriturismi, come è stato scritto e richiesto nella lettera congiunta inviata da Coldiretti Lazio all’assessore all’Agricoltura, Caccia e Pesca della Regione Lazio, Sonia Ricci.
Nella missiva si rilevano ed evidenziano una grave lacuna presente nella legislazione laziale di riferimento (L. 14/2006) che ha permesso il proliferare di strutture che solo lontanamente si avvicinano agli agriturismi propriamente intesi e che dietro la facciata del “turismo rurale” nascondono attività diverse o simili che però rischiano di usufruire dei vantaggi che la legge attribuisce in via esclusiva solo agli agriturismi.
“E’ evidente – dice il presidente di Coldiretti Viterbo Mauro Pacifici – la necessità di procedere con urgenza alla revisione del regolamento di applicazione della legge regionale che affronti il problema in maniera seria e si adegui a quanto già fatto in altre Regioni. Questo per non creare discriminazioni e svantaggi competitivi agli agriturismi viterbesi e di conseguenza alla competitività complessiva del nostro territorio”.
“Gli agriturismi – fa notare il direttore Andrea Renna – rappresentano una realtà importante e diffusa del territorio viterbese e fattore di competitività soprattutto in relazione alla loro capacità di essere catalizzatore del “Made in Lazio” considerato nel suo complesso dal punto di vista culturale, storico, enogastronomico e turistico”.
Gli agriturismi, secondo la normativa italiana vigente, nascono e vivono come “attività connessa” a quella agricola. Vale a dire che l’agriturismo non esiste senza l’azienda agricola e nell’agricoltura ha i suoi punti di forza e la sua distintività rispetto a qualsiasi altra forma di turismo che si svolge in aree rurali e che dalla “ruralità” vuole trarre il suo elemento di competitività. Importanza fondamentale anche per le definizioni, a cominciare dal considerare “operatore agrituristico” l’imprenditore agricolo che svolge attività agrituristica intesa come attività di ricezione e ospitalità o di ristoro esercitata, nei limiti previsti dall’art. 2135 del codice civile, dall’ “imprenditore agricolo” attraverso l’utilizzo della propria azienda, in rapporto di connessione e complementarietà rispetto alle attività di coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali, acquacoltura e pesca che devono comunque rimanere principali.
Mentre la bonomiana fa la sua bella guerra, la ristorazione è già da un bel pezzo col c. per terra.
Coldiretti si dimentica di dire che gli agricoltori che lei tutela nei suoi mercatini in realtà possono vendere anche prodotti che non siano di loro produzione per il 49% del totale creando false aspettative nei consumatori e una distorsione del mercato (legale ma sempre distorsione è) con altre categorie come quella dei commercianti.