19042024Headline:

Viterbese, un allenatore al giorno…

Piero Camilli ieri allo stadio col team manager Raspoli

Piero Camilli ieri allo stadio col team manager Raspoli

Arriva a sorpresa, mentre l’arcobaleno si dissolve nel cielo sopra lo stadio. Scende dall’Audi presidenziale. Entra in curva nord, vuota. E’ al telefono. Gira e rigira. Alza gli occhi verso il riflettore, dove stanno appollaiati gli stormi di stagione e forse anche i gufi fuori stagione. La sua sagoma è inconfondibile, vestito scuro, cravatta blu, quell’espressione un po’ così di chi ha appena fatto un consiglio provinciale. Mano a mano che Piero Camilli si avvicina, dentro e fuori dal campo scende il silenzio. Chi fino a poco prima parlava male, adesso tace. Fa il vago. Si auto smentisce. Al di là della rete, sembra quasi che i giocatori si mettano a correre con più foga e che magari la smettano di pensare alla figa, e forse è davvero così. I dirigenti si chetano. E’ arrivato il Comandante, è arrivato il padrone, e adesso si fa sul serio.

Specie oggi, in un giorno in cui Camilli ha regalato l’ultimo colpo di scena che poi colpo di scena non è, per chi lo conosce, per chi lo segue, per chi non è servo né sciocco, e però apprezza – adora – il suo modo di fare calcio. Oggi Piero Camilli ha cacciato l’allenatore. Sai che notizia: è appena il secondo in tre mesi, da quando cioè è arrivato alla Viterbese, l’ultima sfida della sua lunga carriera di presidente, una carriera in cui magari avrà anche perso, ma non è mai stato battuto da nessuno. Ha esonerato Sergio Pirozzi seguendo la stessa liturgia di sempre: domenica, dopo la sconfitta di Monterosi, dichiarazioni rassicuranti alla stampa boccalona. “Pirozzi resta, chi pensa che sia lui il problema si sbaglia di grosso”. E ancora, per bocca del figlio Vincenzo: “Con Solimina la squadra è stata tre mesi in vacanza”. E infatti: chi è stato richiamato in panchina? Massì, Claudio Solimina.

Ma sbaglia chi pensa che si tratti di incoerenza. O magari di follia. No, quel sorriso sornione di Camilli senior, quando arriva al campo senza essere annunciato –  giusto per vedere l’effetto che fa – spiega parecchie cose. E’ solo calcio, questo. Il caro e vecchio pallone, dove tutto si può fare e tutto si può dire. Come in politica, ma con la differenza che qui le colpe si scontano, e gli errori si pagano, l’impunità non esiste. Camilli dice una cosa e poi fa il contrario, senza dover fornire spiegazioni a nessuno. Oppure: Camilli vede che la squadra perde e caccia l’allenatore (“A Monterosi mi sono vergognato”, Vincenzo dixit). O ancora: Camilli sente che i tifosi sono incazzati e delusi e caccia l’allenatore. Sarà pure crudele, a livello umano, ma ormai lo fanno tutti, dalla serie A alla squadra di calcetto del quartiere. L’Italia è piena di tanti piccoli Zamparini, mentre Camilli è sempre lo stesso, non lo fa per moda né per visibilità. Lo fa perché tira fuori i soldi, e ha il diritto di farlo. No, Piero non dorme sepolto in un campo di grano.

Semmai, sono altre le storie che agitano questo ritorno di Solimina. Intanto, il rimpianto di aver perduto Sergio Pirozzi (come allenatore, non come tifoso gialloblu né come amico). Sfigatissimo, il Pirozzi: arriva a Viterbo sempre nel momento sbagliato. Prima, quando certi giocatori si vendevano le partite; oggi col presidente più esigente del mondo. Altro allarme: Pirozzi è stato sì fatto fuori dai risultati che non arrivavano, ma anche da ragioni meno tecniche, diciamo così. Qualcuno in spogliatoio che gli remava contro (“Ritrovo la mia squadra, che scende in campo col sorriso sulle labbra”, ha detto ieri Solimina in versione Colgate). Una massiccia dose di trame e cenette romane. L’impossibilità di allenare una squadra costruita da lui. Dispiace parecchio che a pagare questa incredibile serie di coincidenze/congiure sia una persona come l’amatriciano. Schietto, preparato, corretto fin nel profondo del cuore. E trattato nel peggiore dei modi. Nel calcio le persone vere si attaccano sempre al tram.

Adesso ritocca a Solimina. Che ieri è entrato in campo con il piglio di un Churchill richiamato a furor di popolo per far vincere la guerra a Sua Maestà. Non è così, e Solimina lo sa. Camilli lo può cacciare un’altra volta, se la squadra non funziona. I suoi fedelissimi di spogliatoio sono sempre a rischio, se continueranno a sculettare invece di correre. Ci saranno rinforzi di mercato, ci saranno rinforzi dirigenziali (dopo il direttore generale Palmas, è pronto anche il ritorno di Frank Cusi) ma la scorta di alibi o di scuse è destinata a finire presto. Adesso sulla graticola camilliana c’è Solimina: può bruciare, può essere cotto a fuoco lento, oppure può essere abbrustolito alla perfezione, e magari verrà fuori anche un piatto prelibato. In quel caso, vorrebbe dire che la Viterbese avrebbe vinto il campionato. Per festeggiare, una bella grigliata mista, offre il Comandante.

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