Leopoldina, Minileopolda, e altri vezzeggiativi possono anche starci, perché quella viterbese è stata solo una replica in scala minore del mega evento fiorentino. E però, dopo il secondo e ultimo giorno di convention, viene anche da dire che no, questa è un’altra Leopolda, magari più piccola, magari più provinciale, ma che ha macinato idee, prodotto incontri e dibattiti e documenti, dato spazio a tutti. Non per forza seguaci di Matteo Renzi (quello che la Leopolda la brevettò quattro anni fa), ma attratti da questa opportunità unica o quasi, specie qui, ai confini dell’impero. Opportunità nel senso di dialogo, confronto, magari pure scontro. E libertà, quella libertà che ieri mattina, all’atto conclusivo del programma, con i mini interventi aperti di quattro minuti ciascuno, fa dire dal palco a Filippo Rossi, presidente del consiglio comunale: “Alle prossime primarie dell’8 dicembre voterò Matteo Renzi”. Colpo di scena? Colpo di teatro? Colpo di sala Gatti? No, il coraggio di dirlo, il coraggio di poterlo dire senza correre il rischio di essere mandati affa. O tacciati di voltar gabbana con una certa frequenza e disinvoltura.
C’è posto per tutti, in questa sala, specie di domenica mattina, dopo il pienone del sabato, i bagordi che qualcuno avrà fatto e qualcuno invece no, la pancia piena dai tavoli tematici che avevano caratterizzato il primo giorno. Meno persone, facce assonnate, e pure la voglia di parlare. Alla fine gli interventi dureranno due ore complessive, con passaggi importanti, dal geometra disoccupato che racconta di aver inviato “centodue curricula in giro, spesso senza neanche aver ricevuto un rifiuto di cortesia”. O l’esperienza del signore di mezza età, Piero, che ricorda la sua esperienza alle scorse primarie in una sezione romana: “Mi trovai di fronte truppe organizzate, portare a votare”. E finì coi carabinieri in sede. O ancora, il montefiasconese Ballarotto, che dopo essersi candidato alle regionali nella lista per Zingaretti, ha capito tutto: “Prima Renzi non m’aveva convinto, adesso sono state le piccole cose a convincermi”. E ancora, il critico letterario Massimo Onofri, e tanta gente comune, fino all’ora di pranzo, quando le fettuccine chiamano e non si possono mica fare aspettare, le fettuccine. Visti in sala, oltre ai soliti renziani dichiarati, volti noti, come quello dell’assessore Alvaro Ricci, dell’ex consigliere regionale Luciano Dottarelli, del consigliere provinciale Alessandro Angelelli.
La Leopolda è finita, si può andare a pappare. La prossima fermata, per questa gente, è per l’8 dicembre. Quando si voterà per capire se Renzi ha davvero i numeri per far saltare il banco oppure se sarà stata tutta un’illusione. Affollata ed intensa, ma pur sempre un’illusione.
Per Renzi sono suonate le campane a morto. L’appoggio del votivendolo e voltagabbana Filippo Rossi da Trieste, noto per aver portato immensa fortuna a Fini e Monti (chi li ha più visti?) e ai periodici che l’hanno avuto come direttore e collobatore (l’elenco è lungo, ve lo risparmiamo), anticipa la sua sicura sconfitta, se non come segretario del PD sicuramente come candidato premier.