Sventolano le bandiere, in via della Palazzina. Mezz’ora dopo le due, piove fino e gelido eppure c’è gente che aspetta davanti allo stadio. Birre e borghetti un po’ per riscaldarsi e un po’ per stordirsi, perché questa è una domenica di festa. La Viterbese è andata a vincere a Civitavecchia con un’autorevolezza imperiale: tre gol, partita chiusa già nel primo tempo, nessuna smagliatura apparente, come quelle belle trentenni che ci tengono a tenersi in forma. La squadra di Solimina ha ripreso il discorso dove l’aveva lasciato (22 dicembre, 1-0 casalingo al Rieti), semmai ancora meglio.
Ci voleva il derby, per scacciare tutte le paure indotte dalla sosta di due settimane per le feste. Paure che poi sono luoghi comuni del calcio: i pupi avranno smaltito il panettone? Si saranno allenati bene? Avranno mantenuto la concentrazione? Avranno mica dimenticato qualche schema? Il tifoso è così, ansioso di natura: cerca ogni minimo dubbio, lo sviscera, lo coltiva, se ne fa spaventare e poi gioisce quando la realtà dei fatti smentisce le paranoie. Sì questa squadra è davvero forte, non c’è Natale o Capodanno che tenga, non c’è discoteca o velina che possa scalfire la compattezza dei ragazzi in gialloblu.
Perciò vale la pena aspettarli, qui all’addiaccio, i vincitori di ritorno dall’impresa. Certo, questo Civitavecchia è apparso tante chiacchiere e distintivo, la banda di Solimina è di un altro livello, specie dopo lo shopping dicembrino nel mercato di riparazione, quando i saldi ancora non c’erano e infatti non si è badato a spese (Vegnaduzzo, Giannone, Polani, Marinelli, Cerina, eccetera eccetera).
Ma c’è anche un’altra ragione per intruppare via della Palazzina, ed entrare poi dentro il Rocchi, in quell’antistadio che da sempre ha ospitato grandi tripudi e terribili lutti (il fallimento, la retrocessione, le contestazioni). Oggi è festa, invece, e quando arriva il pullman le bandiere frullano ancora di più, le mani si spellano non di freddo ma d’applausi, la gola è secca dai cori. Qui c’è la gente che non è potuta andare a Civitavecchia: le è stato proibito da una decisione magari giusta (dura legge, ma legge) della Prefettura di Roma, e però arrivata troppo tardi, solo venerdì, quando ormai sembrava scongiurato ogni provvedimento e i torpedoni già scaldavano il diesel. E invece niente: a Civitavecchia non si può andare, i biglietti sono in vendita solo per i residenti nella provincia di Roma, noi ci attacchiamo al proverbiale tram, anche se poi al massimo qui abbiamo il pollicino della Francigena. Sono stati novanta minuti in apnea, un derby surreale, attaccati alle radio, al bar dello stadio (Dio benedica l’Aldera) o in altri posti, nelle auto col riscaldamento a palla, nei letti con le rispettive donne, reduci una serata di divertimento giudizioso, perché comunque non si possono fare stravizi prima del derby.
Eccolo, il pullman dei vincitori, ecco gli abbracci, i cinque scambiati a mano aperta, i sorrisi e le risate. E’ gennaio, eppure sembra giugno, quando si festeggia un campionato. Qui nessuno ha dubbi: a giugno sarà la stessa cosa, perché la Viterbese ha trovato la quadra, e non la fermerà più nessuno. Più tardi, nel pomeriggio, con la testa ancora gonfia, ecco la conferma: il Rieti non va oltre il pareggio in casa contro il piccolo Ladispoli. La Viterbese è tornata in testa al campionato, seppure in duplex coi presunti cugini. Un rapido sguardo al calendario: contro chi giochiamo la prossima? E la prossima ancora? Tenersi liberi, anzi liberissimi: ogni domenica è una domenica in meno che manca a quel giorno lì.
La Viterbese si è finalmente liberata dal bacio della morte del votivendolo, voltagabbana abituale e (soprattutto) portasfiga Filippo Rossi da Trieste. Forza Viterbese!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!