C’hanno alzato la coppa in faccia. Come nessuno voleva, come nessuno avrebbe mai immaginato, alla faccia delle più elementari leggi della fisica, del calcio e della decenza umana. Squadra debole, molto debole, mangia squadra forte, molto forte. E’ la dura realtà di un pomeriggio passato sui Castelli romani, per seicento viterbesi di tutti i tipi, ultras e famiglie, politici e addetti ai lavori, bambini piccoli e certi sconvoltoni che non si rendevano neanche conto di dove stavano, e per fare cosa. Che brutto risultato: Empolitana Giovenzano 3, Viterbese 1. Tutti a casa, mentre quelli alzano la coppa e cantano cori strani e il cielo che non ha neanche coraggio di piovere: un po’ d’acqua ci sarebbe stata di lusso, per espiare i peccati di questa tribù triste che riprende la strada di casa.
Eppure l’inizio era stato promettente. Porchetta e verdure sott’olio, Frascati bianco e vino rosso dolce con ciambelline. Una magnata epica, la testa che gira e tutte le migliori intenzioni che suggerisce una panza piena. Poi ecco lo stadio, intruppato dalla marea umana dei fedeli, e qui arrivano i primi dubbi: il marescialletto che scassa all’entrata (“Lei spinge”, risposta: minchia signor tenente), il tifoso che saluta affettuoso (“A giornali’, cor tesserino puliscite er…”), l’impianto stesso di Frascati che sembra costruito in barba alle più elementari norme dell’edilizia e della pubblica sicurezza. Appoggiato alla montagna, ingresso strozzato, gradoni scivolosi. Brutte sensazioni che spariscono quando arriva l’onda umana da Viterbo: pullman, macchine, carrozze, passaggi rubati pure nei portabagagli. Entrano e salgono in tribuna, a gruppi compatti, il sorriso dell’ottimismo che, è noto, è il profumo della vita.
Seconda brutta sensazione: al bar non hanno il caffé borghetti. Roba che oltre a seccare l’ugola potrebbe scatenare rivolte violentissime. Poi arriva il Comandante, scortato da Bigiotti e Casini, praticamente mezzo palazzo Gentili in trasferta. Camilli ispira calma anche solo a guardarlo: è serafico, concentrato, e tanto grosso. Se non è teso lui, perché dovrebbe esserlo il tifoso normale?
Mentre continuano a venire viterbesi manco fossimo a Santa Rosa, ecco la terza e ultima brutta sensazione, quando i brividi diventano consapevolezza che qualcosa andrà male di sicuro. Le formazioni. Solimina ci deve aver pensato su tutta la notte, e magari avrà mangiato anche i peperoni, perché è venuta fuori una squadra ad minchiam. Dentro quelli di cui ti fidi di meno: Boccolo Boccolini in porta; Rausa e Toto, noto duo comico sulle fasce; Giurato che diventerà sicuramente un grande giocatore, ma non oggi; Cerone, elegante come uno smoking bianco con una bella macchia di pomodoro sul davanti. Pochi i punti fermi: Federici e Fapperdue e Vegnaduzzo. In panchina, li mejo: da Pero Nullo a Polani ai pischelli terribili Cima e Kacka. Vabbe’, l’allenatore è lui, speriamo che abbia digerito la peperonata, dice quello che vede sempre il bicchiere mezzo pieno.
E invece. Invece l’Empolitana Giovenzano, sola e poco accompagnata, che schiera nomi strani come Di Vittorio (non il noto sindacalista), Moauro (compra una vocale), i liquidi Suppa e Billi, segna quasi subito. Con Scerrati, l’unico ex gialloblu nel raggio di tremila miglia. Porca zozza cane. La Peroni calda è l’unica cosa bevibile del bar, e dopo l’intervallo inzuppa il pareggio di Vegnaduzzo, nono gol in venti giorni, moglie e due figlie con maglia numero nove che esultano in tribuna. A questo punto arriva il sindaco Michelini: “Visto? Sono arrivato e abbiamo pareggiato”. Coincidenza preoccupante, ma non durerà.
La difesa della Viterbese sembra gli incisivi della nonna: gialli e pieni di buchi. Scerrati ci s’infila come uno stuzzicadente. Due volte, mentre Solimina piazza qualche cambio giusto per guadagnarsi la giornata. Troppo tardi. Quelli dell’Empolitana già festeggiano, e sfottono: “L’allenatore vostro aveva detto che la Viterbese è una Ferrari? Peccato che lui sia Felipe Massa”. Grazie, molto gentili, presenteremo. I viterbesi se ne vanno. Padri che cercano di spiegare ai figli che “non si può sempre vincere”. Figli che piangono e bestemmiamo. Impiegati che rimpiangono il giorno di permesso passato qui, a prendere tre pere, invece di stare al bar davanti al videopoker. L’eco dei cori dei ragazzi che rimbomba per tutti i Castelli. Cori tristi, si può tornare a casa e neanche questo night club “Le Grotte” che sbuca giusto nel parcheggio sembra una degna consolazione, o forse sì. Vale la pena provare.
Primo comma delle legge di Murphy (quella che dice “se qualcosa può andare male, lo farà”): se la Viterbese gioca la prima finale della sua storia, la perderà. E andiamo a riprendere il grande raccordo anulare, va’, sperando che non ci sia il solito bordello allo svincolo della Nomentana.
A parte Boccolini (che spesso ha avuto dei fantasmi a ballare davanti a lui), direi ineccepibile.
La maledizione del tifoso elettorale Philip Red from Trieste colpisce ancora.