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Un libro ricorda Dante Paolocci

 

Un disegno di Paolocci del 1885

Un disegno di Paolocci del 1885

Le persone, ovvero i familiari, ma anche i partecipanti alle processioni, gli avventori dei bar, i bambini, il prete e altri ancora. Quindi i luoghi, che testimoniano la sostanza di alcuni monumenti scomparsi, come la Rocca, ridotta in polvere dal bombardamento del 1944. Infine, ma non d’importanza, il lavoro: gli artigiani della ceramica (per secoli vanto produttivo della cittadina), i fabbri, i maniscalchi, i contadini etc. Su tutto, regna il fascino delle immagini d’altri tempi rigorosamente in bianco nero, grazie alla scoperta di un importante nucleo di lastre di vetro alla gelatina al bromuro d’argento e di negativi di celluloide che una volta sviluppati hanno rivelato delle stupefacenti fotografie. Un’ampia scelta delle quali è contenuta nel volume di Giovanna Caterina de Feo, “Dante Paolocci fotografo a Vetralla. Le persone, i luoghi, il lavoro” (Davide Ghaleb editore, pp. 79, euro 15,00).

Dante Paolocci (1849 – 1926), illustratore e fotografo originario di Vetralla, è stato molto noto ai suoi tempi grazie alla suo status di corrispondente di una rivista, “l’Illustrazione Italiana”, in gran voga tra 1876 al 1908. Giovanna Caterina de Feo ha ricostruito, con una premessa storica, la figura dell’artista e restituirgli in tal modo “il grande merito di aver tramandato fino a noi – sottolinea l’autrice – i fatti, i volti e gli avvenimenti della vita quotidiana vetrallese della fine del secolo XIX”.

Il materiale di Paolocci è stato messo a disposizione dai discendenti ed è sfociato nella prima mostra su Dante Paolocci ordinata nel 2011 al Museo della Città e del Territorio di Vetralla. “Nella sua più nota attività di illustratore – avverte De Feo – Paolocci riesce a contemperare una quasi innata propensione alla documentazione dell’evento, e una solida preparazione artistica perfezionata in giovinezza a Roma, presso l’Accademia di San Luca”. E quell’arte Paolocci riversò lavorando intensamente con gli apparecchi fotografici, tra cui la mitica “Box Kodak”, “maneggevole e rivoluzionario prodotto inventato da George Eastman, con il quale fin dalla fine del XIX secolo veniva introdotto l’uso della pellicola di celluloide al posto delle lastre di vetro”.

“Realizzò immagini –  rileva lo stesso Ghaleb – in alcuni casi veramente spettacolari e inedite. Forse intuendo il cambiamento epocale e irreversibile che stava avvenendo dalla fine del XIX secolo, Paolocci, con la macchina fotografica in spalla, ha documentato gli immediati dintorni della sua città, che entro qualche anno sarebbe stata profondamente modificata dal trascorrere del tempo e dalla mano degli uomini, i quali in molti casi, avrebbero addirittura cancellato fisicamente alcuni luoghi, dei quali oggi non avremmo più alcuna memoria visiva se non fosse per queste fotografie”.

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