Se la Germania di Angela Merkel resta la locomotiva d’Europa, Civita Castellana conferma di essere la vaporiera della Tuscia. Più della metà del Pil provinciale è prodotto dal distretto della ceramica con 237 milioni di fatturato all’anno. Il mezzo miracolo, fotografato da Federlazio, ha però una spiegazione tutta terrena e viene da oltre le Alpi. L’ultima semestrale (gennaio-giugno 2014) dell’associazione delle piccole e medie imprese ha cioè un timbro preciso e inalterabile, quello dell’export, capace di ribaltare completamente lo status dell’economia provinciale che altrimenti sarebbe ancora preoccupante se non disastroso. Le merci esportate, in ambito europeo, triplicano, passando dal 20% dell’ultimo semestre 2013 al 66,7% degli ultimi sei mesi. Il fatturato di sbocco comunitario arriva al 62,5% rispetto al precedente 16,7%. Nell’area extra Ue la percentuale raddoppia e sale dal 33,3% al 62,5%.
Numeri esteri che fanno da contraltare a quelli interni. Perché il dato relativo agli ordini di casa nostra risulta addirittura dimezzato passando dal 20% dell’ultimo semestre 2013 al 10% del periodo gennaio-giugno 2014. Insomma, il mercato estero riesce non soltanto a calmierare le perdite di quello interno, ma a creare ricchezza e opportunità di lavoro. Non molte, per la verità, che però offrono segnali incoraggianti.
Le aziende che dichiarano aumenti di organico nell’ultimo semestre salgono al 18,8% rispetto al 5,35% del corrispondente periodo dello scorso anno e quelle che riducono il personale scendono dal 33,3% al 25%. Resta stabile il monte ore della cassa integrazione (dal 22,2% al 23,1%) anche se crolla quello relativo alla cassa in deroga (-62,7% rispetto al 39,9% del Lazio) che sta a spiegare lo stato di cronica sofferenza delle piccole e medie imprese. La palla al piede continua ad essere la pressione fiscale, come sostiene quasi un imprenditore su tre. Ma pesano anche il costo del lavoro (22,6%) e la burocrazia (17,8%).
«La situazione generale – spiega il direttore di Federlazio, Giuseppe Crea – disegna un quadro di sostanziale stabilità perché i segnali che arrivano dagli ultimi rilevamenti sono incoraggianti anche se non robusti». Un cauto ottimismo confermato anche dal neo presidente, Giovanni Calisti: «Noi andiamo avanti, consci che il percorso è impervio e servono interventi efficaci come quello di un marchio di fabbrica della ceramica di Civita Castellana. Sì, dobbiamo guardare in avanti».
E già perché con gli occhi al retrovisore si scopre che negli ultimi cinque anni la crisi ha cancellato oltre mille aziende e duemila posti di lavoro.