Smantellare le Camere di Commercio o puntare su un percorso di riordino che ne rafforzi la funzione di promozione dell’economia dei territori? Non hanno dubbi, le imprese che hanno partecipato all’indagine congiunturale semestrale condotta dalla Cna del Lazio con la collaborazione del Centro Europa Ricerche: il processo di razionalizzazione che sta per essere avviato, dovrà non solo salvaguardare ma potenziare le attività del sistema camerale per il sostegno e la valorizzazione dell’economia. Perché le Camere di Commercio sono, oggi, l’interlocutore più concreto, specialmente per i “piccoli”.
L’indagine, condotta su un campione di 480 imprese (100 della provincia di Viterbo), ha riguardato, come sempre, il primo semestre dell’anno e le proiezioni per il secondo. E ha dedicato il focus a un tema attualissimo: “Le Camere di Commercio e le imprese”, con l’obiettivo di sondare gli umori nei confronti degli Enti camerali e di fornire indicazioni, in chiave prospettica, ai diversi attori che si confronteranno sulla riforma del sistema.
I piccoli e medi imprenditori ai quali è stato proposto il questionario, in maggioranza (62,9 per cento) artigiani, ritengono che le Camere di Commercio debbano potenziare le funzioni di promozione economica (67,5 per cento) e compiere, in questo ambito, scelte precise: più credito alle imprese (70 per cento delle risposte) e più marketing territoriale (56,7 per cento). Non basta, infatti, avere un prodotto di elevata qualità, bisogna anche saperlo ed essere in grado di venderlo sul mercato. Nell’ottica della promozione, va segnalato che scarso favore ricevono le politiche per ’internazionalizzazione (11,5 per cento) e quelle per la nascita di nuove imprese (18,3 per cento).
In seconda battuta, si chiede (46 per cento) un efficace contributo alla regolazione dei mercati (vedi borse merci e prezzi, servizi ispettivi, contratti tipo). Minore importanza viene data alla gestione di pratiche amministrative (20,6 per cento) e alle funzioni di giustizia alternativa, come l’arbitrato e la conciliazione (14,6 per cento).
Le Camere di Commercio e le imprese sono un binomio fondamentale. Il risultato dell’indagine lo conferma. C’è sicuramente bisogno di ottimizzare le risorse e le competenze, ma avendo ben presente che il sistema camerale va potenziato nel ruolo di motore dello sviluppo, come indicano le nostre imprese, soprattutto in questa fase che sollecita un sostegno ancora più forte alla competitività.
Non si può dunque non esprimere preoccupazione per la decisione del governo nazionale di procedere, pur in assenza di un progetto organico di riforma, a un taglio preventivo del diritto camerale, mettendo di fatto a rischio attività che fino ad oggi hanno offerto un supporto certo alle imprese. Penso, per esempio, nel caso della Camera di Commercio di Viterbo, che è un ente virtuoso, alla partecipazione alle fiere, ai contributi per la certificazione di qualità e ai fondi concessi per l’operatività dei Confidi.
C’è, insomma, il serio pericolo che vengano snaturate le funzioni del sistema camerale e che a questo venga affidata la mera gestione dell’anagrafe pubblica delle imprese. E’ stato chiesto di indicare le tasse ed imposte considerate inique tra quelle che gravano sulle imprese. Ebbene, il diritto camerale, la cui riduzione costituisce una sorta di bandiera per la riforma delle Camere di Commercio, riceve attenzione solo da due imprese su cento. La media del contributo pagato è di 96 euro l’anno. A pesare, è altro: le tasse sul lavoro (70,8 per cento), l’Irpef/Ires (46 per cento) e il nuovo prelievo rappresentato dalla Tasi (40,6).