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L’amore, la grammatica e le scritte sui muri

La scritta sul muro del Paolo Savi su Corriere.it

La scritta sul muro del Paolo Savi su Corriere.it

Dimmi come scrivi e ti dirò quanto mi ami. Il sito on line del Corriere della sera – il grande e autorevole Corriere della sera – ci regala una galleria di immagini con le dichiarazioni d’amore sui muri italiani, ma con una divertente variante sul tema: si tratta di scritte che contengono errori. Sia di grammatica (un classico: il verbo avere senza l’acca) sia di sintassi, sia semplici refusi (“penzare” invece di pensare). Si scorrono le foto e si fa qualche innocente sorriso, d’accordo, ma ad un certo punto ecco spuntare anche una foto di una scritta a Viterbo. Per la precisione, sul muro esterno dell’istituto tecnico commerciale Paolo Savi, l’edificio austero dal quale sono passati tanti giovani futuri ragionieri del capoluogo e della provincia.

Cosa dice la scritta in questione? Letteralmente: “X essere felice non mi serve sognare. Mi basta guardartarti negli occhi”. Laddove il verbo guardare è declinato alla seconda persona singolare in modo alquanto bizzarro, un “guardartarti” quasi impronunciabile, stile scioglilingua. Sullo sfondo, la facciata della scuola assiste impassibile.

Ora, non è dato sapere chi sia il destinatario o la destinataria della scritta (si suppone uno studente di Ragioneria), né l’autore. Al quale tuttavia andrebbero elargiti un paio di consigli, naturalmente gratuiti. Primo: mai scrivere sui muri, è male. Secondo: se proprio si vuole farlo, se non ci si riesce davvero, varrebbe la pena portarsi dietro un’edizione aggiornata della grammatica italiana, o magari – prima di scrivere – controllare bene la corretta grafia su internet.

E viene da rimpiangere quella bella iniziativa dell’ex consigliere comunale Antonio Obino, che qualche anno fa avviò con successo una campagna di sensibilizzazione con le studentesse del liceo Pedagogico di via San Pietro per abolire le scritte d’amore sui muri e rimpiazzarle da alcuni piccoli cartelli con messaggi dissuasori. Da allora la facciata della scuola è immacolata: senza scritte, né tantomento errori, anzi orrori, grammaticali.

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