“La buona scuola” vista e analizzata da Giulio Ferroni. La Biblioteca consorziale di Viterbo ospita il critico letterario e professore emerito di letteratura comparata dell’Università La Sapienza all’interno della rassegna “Gli Speciali”. L’occasione è utile per parlare di scuola alla luce della recente riforma voluta dal Governo Renzi. L’appuntamento con il professor Ferroni è il terzo della serie dopo quelli con la slavista Daniela Di Sora e con il giornalista de La Stampa Mario Baudino: sabato sarà la volta di Guido Mazzoni che presenta il libro “I destini generali”.
Già Ferroni si era occupato di scuola nel 1997 quando aveva scritto “La scuola sospesa”. Ed è tornato a farlo lo scorso anno con un libro intitolato “La scuola impossibile” in cui analizza criticamente i punti essenziali del progetto di riforma. Da profondo conoscitore della materia parla ai docenti presenti nella sala conferenze della Biblioteca. Il principio di fondo da cui parte è che quando si parla di scuola, si fa naturalmente riferimento ai destini del Paese. Compito della scuola è di preparare le generazioni future ad affrontare i cambiamenti che quotidianamente interessano la società. Ma come? Con una scuola che sia solo in grado di rispondere alle richieste del presente o con un sistema scolastico che, invece, prepari i giovani a governare le sfide del futuro? Su questa domanda si gioca la scommessa del sistema scolastico.
Ferroni mette in discussione l’atteggiamento con cui la riforma affronta i problemi. Il senso è quello di una corsa verso il futuro, della necessità di non fermarsi mai senza tener conto del passato: “La riforma è stata scritta con un linguaggio trionfante. Si immagina un’Italia che riprende a correre e una scuola che si proietta verso un contesto futuro che vive nell’illusione del presente”. A detta di Ferroni, è proprio questo il tratto distintivo della riforma e in generale della visione che l’attuale classe dirigente ha dell’Italia. In fondo non si possono separare i due argomenti. Perché è dalla scuola che verranno i governanti di domani: “Che qualcosa si debba modificare nella scuola è un fatto chiaro a tutti. E tutti conveniamo che sia così – argomenta -. L’importante è capire come. Basando tutto sulle competenze? Nella riforma non si fa altro che parlare di competenze e competitività. Ma come è possibile avere delle competenze se non ci sono le conoscenze? Evidentemente si vogliono delle competenze che siano subalterne al sistema. E quando si parla di competitività qualcuno vince e qualcuno resta indietro. La scuola, invece, deve dare alle generazioni future una coscienza forte per capire la contraddittorietà del mondo”.
Ecco il cuore del discorso del professor Ferroni: “Non è possibile subordinare l’insegnamento alle sole esigenze dell’oggi. È necessaria una progressiva convergenza dei vari saperi, quello scientifico, quello umanistico, quello ambientale e anche quello tecnologico. Io sono a favore della tecnologia ma che sia finalizzata all’insegnamento. Pensare di risolvere tutti i problemi con l’informatica o con l’inglese non è la strada adatta”. Il discorso di Ferroni è appassionante e anche i docenti in sala si sentono coinvolti dalle sue parole. Tuttavia una sintesi è necessaria. “Che fare?” chiedono. E la risposta di Ferroni è un invito proprio agli insegnanti: “Serve la loro passione. È necessario che continuino a svolgere il loro lavoro tutti i giorni, come sempre fanno. Arriverà il momento in cui ci sarà qualcuno a raccogliere questo seme”.