29032024Headline:

Quando il governo scrive con i piedi

Dialoghi nostrani, registrati in famiglia, su fatti e misfatti del capoluogo e dintorni

avventure disegnoIntento ai suoi soliti lavori di giardinaggio Antonio, complice anche il tiepido sole primaverile, si mise disperatamente in cerca di un qualcosa che non riusciva a trovare. Dopo aver percorso il giardino da capo a piedi per più di una volta e aver ispezionato, spigolo a spigolo, il ripostiglio degli attrezzi, alla fine chiamò disperatamente la moglie in cerca d’aiuto.

“A Ba’ – urlò a squarciagola – viè fora, movete!”

La donna, alle prese in cucina a rassettare il desco della sera precedente, abbandonò subito tutte le carabattole e si precipitò fuori col fiato in gola. “Antò, eccome, arivo! Ma che t’è successo? Che te senti male?”  disse con voce estremamente preoccupata.

“No Ba’, sto benissimo” replicò il marito. “Ma so’ avvelenato perché da du’ ore cerco quello strumento composto da un asse cilindrico de legno e da una protuberanza de fero co’ l’estremità affilata che serve a rimove le zolle de substrato terrestre acciocché possano accoje li chicchi in grado de generà nova vegetazzione”.

“Antò – rispose a quel punto Barbara con l’aria incredula, ma anche un po’ preoccupata – ma che stamattina, invece der solito caffè, te sei scolato quella bottija de lambrusco che c’hanno regalato li fiji?”.

“Ma che lambrusco, Ba’” osservò Antonio. “Me sto solo a adeguà”.

“Senti – rispose Barbara spazientita – io nun c’ho tempo da perde. Se te voi divertì a fa’ ‘r Rischiatutto, vallo a fa’ ‘n televisione, visto che mo lo ritireno fori. Io nun ho capito gnente e nun ho manco capito a chi e a che cosa t’avresti da adeguà. E allora, o me spieghi parlanno come magni, oppure io c’ho da fa e nun posso continuà a statte a sentì”.

“M’adeguo ar governo” sentenziò laconico Antonio.

“Ar governo? Nun ho capito manco questa, Antò…” osservò Barbara.

“Allora – proseguì l’uomo – aricominciamo da capo. Io t’ho chiesto ‘ndo sta quello strumento composto da un asse cilindrico de legno e da una protuberanza de fero co’ l’estremità affilata che serve a rimove le zolle de substrato terrestre acciocché possano accoje li chicchi in grado de generà nova vegetazzione. Me sembra chiaro, no?”.

“No – replicò la donna –  nun ad’è chiaro manco pe’ gnente”.

“A Ba’, ma che sei rincojonita?” rintuzzò ancora Antonio. “Qual’ad’è quell’attrezzo che serve a rimove le zolle de la tera?”

“La zappa, Antò” rispose Barbara.

“E proprio quella cerco da du’ ore e nu’ riesco a trovalla!” sbottò finalmente l’uomo.

“E nu’ lo potevi dì subito che ad’era la zappa, invece de fa tutto ‘sto giro da parole da Azzecagarbugli?” fu la replica spazientita della moglie.

“Te lo detto che me so’ adeguato ar governo…” insistette Antonio.

“Vabbè, spiegheme puro questa, va…” aggiunse Barbara.

“Ar governo hanno deciso de scrive le cose in modo che la gente nun ce capisce gnente e così combina li casini. L’urtima chicca riguarda er canone de la televisione, quello che s’avrebbe da pagà co’ la bolletta de la luce. Er ministero ha scritto ‘r decreto , ma ‘r Consijo de Stato je l’ha rimannato indietro perché – ha detto – che ad’è fatto co’ li piedi. Penza che tra le tante cose contestate c’è perfino la definizzione de televisione…”.

“Ma perché, c’ha scritto ‘r governo?” chiese Barbara incuriosita.

 “C’è scritto – riprese Antonio -che chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni ad’è obbligato al pagamento del canone. E che un apparecchio si intende atto a ricevere le radioaudizioni se include nativamente gli stadi di un radioricevitore completo (sintonizzatore radio, decodificatore e trasduttori audio/video), o adattabile se include almeno uno stadio sintonizzatore radio che operi nelle bande destinate alla radiodiffusione”.

“Mamma mia… – commentò Barbara – ma questo è arabo puro!”.

“Brava. Perché si scrivevano solo televisione o apparecchio televisivo era troppo facile. Invece così la gente è confusa e nun ha capito si ha da pagà puro si guarda li programmi sur computer, o sur tablet, o sur telefonino…”. 

“Allora, meno male che c’ha messo le mani er Consijo de Stato…” aggiunse la donna.

“Sì – proseguì Antonio – li giudici j’hanno proprio fatto barba e capelli a li capoccioni der ministero. J’hanno detto che l’hanno da riscrive tutto da capo e mo toccherà vede come annerà a finì”.

“Che quest’anno er canone nun se paga?” chiese Barbara speranzosa.

“Nun ce sperà” rispose Antonio. “Tutt’ar più sarà rimannato a settembre, come li somari che l’hanno scritto”.

Barbara sorrise e fece per rientrare in casa, ma Antoniò la bloccò sull’uscio: “A Ba’, tornamo a noi. Ma la zappa che fine ha fatto?”.

“L’ho prestata a quer giovinotto che è nato ‘na trentina d’anni fa da la nostra unione matrimoniale” fu la risposta della donna.

“Eeehhhh???” replicò Antonio sbalordito. “Ma ‘n facevi prima a dì Coradino?”

“Antò, puro io me vojo adeguà ar governo…” sentenziò Barbara rientrando in casa.

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