21032023Headline:

Capitale cultura, perseverare è diabolico

Il primo incontro pubblico sull'ipotesi di ricandidatura per l'edizione 2018

Margottini, Barelli e Delli Iaconi

Margottini, Barelli e Delli Iaconi

Come la chiamate voi intellettuali, una “minestra riscaldata”? Magari un “consommè risciacquato in Arno”. Certo, che perseverare sia diabolicum è qualcosa che non dovrebbe suonare nuovo, a questi cinquanta che hanno sprecato la mattina di un giorno lavorativo per la cultura, benché sia noto che i carmina non diano il pane. E però, se la (ri)candidatura viterbese a capitale italiana della cultura è partita così, be’, in bocca al lupo e in culo alla balena.

Diabolico pure il Comune, con gli assessori Barelli e Delli Iaconi che hanno accolto con un pizzico di perfidia l’idea di coinvolgere tutte le realtà cittadine in questo progetto. Visti qui, ascoltati i vari discorsi, annotati gli assenti (che si sa, hanno sempre torto), sarebbe stato meglio, molto meglio, non allargare a nessuno, non cercare condivisione et confronto. Chiudersi in una stanza del Palazzo, chiamare Vittorio Sgarbi, magari offrendogli un onesto cachet, e supplicarlo: “Vittorio, noi ci vorremmo riprovare. Pensaci tu, hai carta bianca. Facci sapere quando abbiamo vinto. Baci”’. Invece no. Eccoli, i guai dell’ecumenismo.

Francesco Mattioli

Francesco Mattioli

Intanto, non si capisce perché si debba ripartire dal dossier che ha già fallito su tutta la linea l’anno scorso. Che si debba ripartire cioè dal professor Margottini (coordinatore del comitato che conquistò la sconfitta) e dal suo laptop con proiettore. Forse per non buttare via nulla di quello che era stato fatto in precedenza (“Il lavoro che fu fatto allora non sfigura neanche oggi, anzi”, ha detto il prof). Bene: il caro, vecchio riciclo culturale. Un ottimo punto di partenza, che incasserebbe sicuramente l’appoggio degli ambientalisti.

Un altro tentativo quanto mai curioso (per non dire di peggio) è quello di coinvolgere, anzi ammucchiare, realtà su realtà. Nella convinzione un po’ borghese che la somma, la quantità, la roba, faccia la qualità. “’Eh, Mantova ha vinto così il titolo…”’. Sì, ma senza coordinamento, senza idee e senza un nesso logico, senza un progetto, non si può pensare mica che le associazioni di volontariato, sportive eccetera possano contribuire in questo modo, facendo numero e presenza. In mezzo al mare magnum dei presenti, comunque, tra amministratori pubblici che ad un certo punto si alzano e se ne vanno con l’espressione stupita, diciamo così, spuntano anche storielle simpatiche. Quello che propone di dare il 5 mille della dichiarazione dei redditi per le fontane (e le fontanelle? E i laghetti di Pratogiardino? E le paperelle?). Lo psicanalista junghiano. Lo storico che si è autoproclamato tale, e via dicendo. Gente che Sgarbi avrebbe caprizzato pesantemente, e forse a ragione. Né è bastato l’apprezzabile intervento del professor Francesco Mattioli a mettere ordine.

Il pubblico in sala

Il pubblico in sala

Ci sarebbe poi un ultimo, piccolo particolare. I soldi. Chi li caccia? Quanti? Come? Servono euri veri – e non finti – non solo per abbozzare un progetto nuovo e credibile, ma anche per dare un senso a questa storia sin dall’inizio. Pure perché, come ha spiegato Barelli in apertura di incontro, per la capitale del 2018 al momento non sono previsti contributi speciali dalla presidenza del Consiglio dei ministri e dal Mibact. Il milione elargito prima a Mantova (capitale 2016) e poi a Pistoia (2017) per ora non è certo.
Se i presupposti sono questi, il buonsenso suggerirebbe di lasciar perdere da subito, evitando un’altra figuraccia capitale (“Dobbiamo capire se siamo competitivi”, ancora Barelli). Se c’è qualche cervello migliore di quelli presenti ieri, si faccia avanti (l’assenza di Filippo Rossi, per esempio, si è notata: altre molto meno). Altrimenti, come ha suggerito con molta cautela qualcuno, meglio provarci per il 2020, visto che nel 2019 la capitale italiana della cultura non ci sarà, e tutti convergeranno su Matera, capitale europea. Oppure riprendere il cellulare e chiamare Vittorio. Palla a Sgarbi e s’abbracciamo, o almeno ci divertiamo, rispetto alla noia mortale di un martedì mattina sprecato.

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