24042024Headline:

Tra lacrime di rabbia e lacrime di gioia

A Casal del Marmo tra sentimenti contrastanti. Ed ora la felicità è infinita...

La festa gialloblu a Roma

La festa gialloblu a Roma

Sul 2-2 segnato dall’Astrea domenica scorsa a Casal del Marmo ho cominciato a piangere. Lacrime senza singhiozzi, che neanche riuscivo a respirare. Groppo in gola. Non mi sembrava vero, perché troppo brutto, quello che stava accadendo. Per la seconda domenica consecutiva il sogno inseguito da anni era ancora lì, a portata di mano, e stava nuovamente svanendo. Il fantasma dell’eterna incompiuta gialloblu era a un passo, di nuovo, pronto a rifarsi sotto. Uno stillicidio insopportabile.

E poi, quando quel colosso di Emilione Dierna ha trovato un magico (e anche un po’ a culo, diciamolo) pallonetto di testa all’indietro, che si è insaccato alle spalle del portiere dell’Astrea, non c’ho capito più niente. Della serie: come passare dalla disperazione, dalla convinzione di aver buttato alle ortiche una stagione, alla gioia più pura, di quella che ti lascia senza respiro. Ed ecco che il pianto silenzioso e triste di poco prima si è trasformato in meravigliose lacrime di felicità.

Credo che in quei momenti concitati – in cui mi sono sentita come non mai parte di un qualcosa di davvero grande – di aver abbracciato chiunque si trovasse vicino a me nell’arco di 100 metri. Ho abbracciato mio marito, che nel frattempo era corso ad arrampicarsi sulla rete dove si erano assiepati tifosi e squadra; ho abbracciato le mie amiche e compagne di viaggio gialloblu, Paola&Paola, e le bellissime wags gialloblu che sedevano vicino a me; ho abbracciato un sacco di amici e tifosi, che in quel frangente ci siamo davvero sentiti tutti fratelli; e poi il mister, Federico Nofri, e capitan Stefano Scardala, e gli adorabili Alessandro Ursini e Frank Cusi, fino al patron Piero e al presidente Vincenzo, una volta tornati a Viterbo. Mi avranno preso per matta, ma, oh!, io era più di un decennio che aspettavo questo momento!

Piero Camilli, patron gialloblù

Piero Camilli, patron gialloblù

La Viterbese è tornata in Lega Pro e io da domenica scorsa alle 16,50, minuto più minuto meno, cammino a tre metri da terra per la felicità. Una felicità che, nonostante le parole siano il mio mestiere, faccio fatica a descrivere, a raccontare. Un pensiero, però, tra tante emozioni che si susseguono in questi giorni, è quello che rende questo traguardo molto, molto più bello. La consapevolezza, cioè, che i miei figli, oggi ancora piccoli tifosi gialloblù ma domani certamente ultras (“la genetica non è un mucchio di breccia, del resto” ripete sempre come un mantra un mio saggio amico), insieme a nuove generazioni di giovani della Tuscia, potranno godere d’ora in avanti di una Viterbese targata Camilli non più destinata alle umiliazioni e all’oblio, ma finalmente a palcoscenici di alto livello. Ecco, la certezza che da adesso in poi finalmente tanti bambini e ragazzi di Viterbo potranno tornare a innamorarsi della Viterbese senza più il timore che questo amore possa non venire corrisposto, rende ai miei occhi questo ritorno in Lega Pro ancora più trionfale e storico.

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