Un caso che parte da Viterbo e diventa subito motivo di curiosità e polemica in tutto lo Stivale. Nessuna multa per un sito pirata di film. Per la prima volta in Italia infatti, la sezione civile del tribunale di Viterbo (esattamente la prima) ha annullato la sanzione amministrativa di 124mila euro inflitta al gestore di Filmsenzalimiti.it. Questo significa allora che è diventato legittimo creare pagine internet per la visione gratuita dei film di ultima uscita protetti dal copyright? Certamente no. Non bisogna infatti farsi ingannare da una lettura superficiale della sentenza emessa dal tribunale del capoluogo della Tuscia.
Il noto sito pirata in questione, utilizzato da utenti italiani e non solo, è stato bloccato e chiuso nel 2013 dalla guardia di finanza di Arezzo per violazione delle norme sul diritto d’autore (art. 171-ter, legge 633/194). Il gestore, al tempo minorenne, era stato accusato infatti dagli inquirenti di aver pubblicato sul suo sito almeno 2900 contenuti protetti dal copyright e la Federazione antipirateria aveva stimato un danno pari a 311mila euro. Come è possibile allora la decisione arrivata ieri dal tribunale di Viterbo sull’annullamento della sanzione?
Le motivazioni sono chiare: la piattaforma Filmsenzalimiti.it non ospitava fisicamente i film nel suo server, ma si limitava a mostrarne la locandina e a rimandare gli utenti, attraverso dei link, ad altri siti che mostravano i contenuti cinematografici in streaming o permettevano il download esterno. Inoltre non è stato dimostrato alcun fine di lucro nell’attività del gestore del sito ed è stato impossibile di stabilire il corretto valore economico per l’eventuale danno recato con la pubblicazione di link a un film.
La battaglia legale, portata avanti dallo Studio Sarzana e Associati, è stata quindi un successo.”Le osservazioni contenute nel verbale degli agenti di polizia giudiziaria, con il quale venivano contestati il reato e la violazione amministrativa relativi alla messa a disposizione dei film – si legge infatti nella sentenza emessa dal giudice del tribunale di Viterbo riportata dal Corriere della Sera -, non possono costituire di per sé elemento di prova necessario, in assenza di ulteriori prove sulla effettiva illiceità dell’attività”.