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Quando l’opera lirica è un monologo

Il regista sorianese Sergio Urbani dirige il soprano Manon Bautian ne "La voce umana"

Il soprano Manon Bautian con il regista Sergio Urbani

Il soprano Manon Bautian con il regista Sergio Urbani

In gergo si chiamano Chamber Opera. Si tratta di rappresentazioni liriche proposte in forma ridotta, sia nella scenografia che nella parte musicale: niente coro, niente orchestra, solo uno strumento per accompagnare l’unico cantante che si esibisce. Una struttura minimale, come si usa dire, e molto intimista riservata ad un pubblico di qualità che sa apprezzare la musica e che non si lascia incantare dalle sfarzose scene o dalla maestosità dei grandi teatri. Una scelta anche economica perché è evidente che mettere in scena opere liriche nella loro stesura originale costa molto e il prezzo dei biglietti di ingresso deve essere naturalmente proporzionato. Con la conseguenza che si parte per i posti meno nobili da almeno 50 euro: somma non propriamente alla portata di tutte le tasche.

Una lunga premessa per dire che cosa? Che ci sono progetti decisamente originali e assai meno onerosi, ma dall’eccellente contenuto culturale che sarebbe delittuoso non apprezzare. A questa categoria appartiene la proposta portata avanti da Les Voix Concertantes  che ha come animatori la direttrice artistica Manon Bautian (che è anche soprano: e cos’altro potrebbe fare un’amabile ragazza alla quale hanno pensato bene di dare quel nome?), il direttore musicale Sesto Quatrini e il regista Sergio Urbani.

Rigoletto rappresentato a Parigi da Les Voix Concertantes

Rigoletto rappresentato a Parigi da Les Voix Concertantes

“Siamo partiti 4 anni fa – racconta Manon – e ci siamo dedicati inizialmente all’opera lirica nella sua accezione più tradizionale, lavorando soprattutto a Parigi.  Nel prestigioso Théâtre de l’Athénée abbiamo rappresentato nel 2014 La Traviata di Giuseppe Verdi: un grande successo con il teatro sempre esaurito, nonostante una capienza di oltre mille posti. E al Théâtre de la Porte de Saint Martin siamo andati in scena con Rigoletto, anche in questo caso con ottimi risultati di pubblico e di critica”.

“Ma mettere in scena opere di questa portata – interviene Sergio Urbani – è molto impegnativo per i costi. Si pensi ad un’orchestra di 40-50 elementi, al coro, ai costumi, ai materiali, alle scene. Ed ecco perché ci stiamo orientando verso rappresentazioni meno costose, ma di sicuro spessore musicale e artistico”. Di qui la scelta di dedicarsi alla Chamber opera con un testo molto impegnativo: “La voce umana”, scritto nel 1958 (ma la prima stesura è del 1930) da Jean Cocteau e musicato nel 1959 da Francis Poulenc. L’esordio in quello stesso anno alla Salle Favart del Théâtre national de l’Opéra-Comique di Parigi con il soprano Denise Duval e la direzione di Georges Pretre. La prime prove della trasposizione de Les Voix Concertantes si sono svolte al teatro Rivelino di Tuscania, dove potrebbe esserci anche il debutto italiano. “In scena – spiega Urbani – è presente solamente una donna al telefono e il testo rappresenta una complicata rottura di un rapporto d’amore. La donna, dopo essere stata lasciata, telefona al suo amante (del quale non si sente mai la voce all’altro capo del telefono) che ama ancora. La protagonista tenta anche il suicidio. A causa del basso livello del servizio telefonico di Parigi di quel tempo la conversazione viene interrotta più volte. E’ proprio il caso di sottolineare che, come diceva una pubblicità di qualche anno fa, una telefonata allunga la vita. Perché quando per l’ennesima volta cade la linea, la donna tenta nuovamente il suicidio e stavolta ci riesce”.

Sesto Quatrini e Sergio Urbani

Sesto Quatrini e Sergio Urbani

Protagonista della trasposizione lirica è naturalmente Manon Bautian: “Sono sola sul palco, accompagnata soltanto dal pianista. Canto ininterrottamente per tutta la durata dello spettacolo, cioè circa un’ora. Vi posso garantire che le pause sono davvero ridotte al minimo e quindi si tratta di un’opera particolarmente impegnativa per la cantante”. “Il testo è un lungo monologo disperato e commovente – interviene Urbani -. dove i silenzi, le pause, le esitazioni raccontano quanto le parole. La protagonista è una donna comune che vive un dolore universale, una disperazione d’amore in cui tutti possono riconoscersi. Forse è proprio questa una delle ragioni del successo della pièce, che è ancora oggi non solo uno degli spettacoli più rappresentati al mondo, ma anche uno dei testi assunti più volte a oggetto di riscrittura e adattamento. La voix humaine di Cocteau è diventato negli anni quasi un testo da manuale di recitazione, la grande prova attoriale per antonomasia, il banco di prova su cui le grandi attrici devono dimostrare la propria bravura e la propria capacità di scoprirsi, di mostrare le sfumature più dolorose dell’amore. E questa tensione emotiva viene espressa con uguale intensità nella trasposizione musicale di Poulenc: il filo del telefono è l’ultimo anello che tiene quella donna agganciata alla vita”.

Da ricordare infine che sono state diverse anche le riscritture cinematografiche: la più famosa è quella di Roberto Rossellini che nel 1947 lavora al progetto di Cocteau mettendolo in scena con l’attrice straordinaria che aveva scoperto in “Roma città aperta”, Anna Magnani. “La Voix humaine è, come dice Rossellini stesso, l’anatomia di un sentimento – conclude Sergio Urbani -. C’è un individuo afferrato di peso, messo sotto il microscopio; scrutato sino in fondo. C’è lo studio di un viso umano e la penetrazione nelle pieghe riposte di una fisionomia”.

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