29032024Headline:

“L’Ato non funziona perché non decide nulla”

Bengasi Battisti

Bengasi Battisti

Quando si ha la sensazione di essere chiamati a recepire decisioni prese altrove non si ha la voglia di partecipare e così manca il numero legale dell’Ato. L’assenza diventa un modo per rallentare gli effetti negativi di scelte sbagliate che inevitabilmente e pesantemente ricadrebbero su quei cittadini che gia’ subiscono la grave ingiustizia arsenico e vivono il disagio del mancato recepimento del risultato referendario che tanta speranze aveva provocato .

Il nostro Ato è troppo spesso chiamato  ad approvare costose e preconfezionate scelte strategiche i cui costi trovano esclusiva copertura nelle tariffe dei cittadini mentre e’ completamente assente il dibattito sulle nuove modalità di gestione aperte dall’esito referendario. In ambiti come Reggio Emilia , Piacenza , Vicenza , Palermo , Napoli , Torino  sono in atto processi di ripubblicizzazione che con il coinvolgimento dei cittadini e dei lavoratori stanno producendo nuove speranze e voglia di partecipazione.
Il nostro Ato dovrebbe guardare a quelle esperienze per pianificare la trasformazione di Talete S.p.a. in consorzio o azienda speciale e rendere possibili gli interventi di sostegno economico diretto da parte dello Stato o della Regione. Interventi economici necessari per superare la debolezza del nostro Ato, determinata da una perimetrazione regionale che non ha tenuto conto del rapporto tra numero di utenti e lunghezza della rete, della presenza di arsenico nell’acqua e delle caratteristiche geomorfologiche del territorio. Tutti elementi che rendono molto più costoso il diritto di accesso all’acqua per i viterbesi , con l’aggravante che la modalità gestionale di tipo societario impedisce l’intervento economico pubblico per sostenere il fondamentale principio di solidarietà per un bene indispensabile alla vita dell’uomo .
Non si vuole recepire il risultato referendario perche’ si teme la partecipazione e il coinvolgimento e le scelte restino dentro spazi decisionali ristretti dove prevalgono altre logiche. Un esempio di grande attualita’ e’ il programma di realizzazione dei dearsenificatori finanziato con fondi Regionali, ma che scarica totalmente gli alti costi per la loro manutenzione sulle tariffe moltiplicando i costi dell’acqua. La Regione,  applicando il principio di solidarietà, potrebbe intervenire su questi costi , magari con il denaro sottratto agli insopportabili costi della politica, solo se Talete sarà ripubblicizzata e diventerà soggetto di diritto pubblico .
Meroi sa molto bene che senza ripubblicizzazione la Regione non potrà mai intervenire per abbattere i costi della bolletta, perché incorrerebbe in gravissime e pesantissime infrazioni Europee.
Con la gestione consortile sarebbero i singoli consigli comunali a deliberare con trasparenza diffusa i bilanci e l’efficace controllo dal basso ridimensionerebbe anche alcuni insopportabili costi .
Per avere dignità l’Ato deve essere luogo di programmazione e di confronto dove i movimenti per l’acqua pubblica, i lavoratori del settore e le istituzioni possano essere i veri protagonisti della gestione del bene acqua e dove lo storico risultato referendario trovi applicazione.
L’Ato è il luogo di rappresentanza delle comunità per le politiche sull’acqua e la diffusa sensazione di essere ridotto a luogo di decisioni prese altrove alimenta la distanza e provoca le assenze. Definirei la mancanza del numero legale la sconfitta di una certa politica che cancella quella vera fondata sulla partecipazione attiva e sulla voglia di costruire l’alternativa a partire dal recepimento della volontà popolare democraticamente e ampiamente espressa.

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