Allora: al ballottaggio andranno Leonardo Michelini e Giulio Marini, ovverosia l’usato sicuro. Sicché, la prima riflessione da fare è che tutti coloro che proponevano un netto cambiamento (chissà quanto vero) hanno completamente fallito. Eppure i viterbesi non avevano che l’imbarazzo della scelta per cambiare, oltretutto spronati dai soliti vati che ritengono di aver capito come funziona l’universo mondo e pretendono di spiegarlo agli altri.
Ma capita che il popolo sia spesso più saggio di certi soloni improvvisati e allora è andata come è andata. E come era facile prevedere che sarebbe andata, giacché – in un momento di crisi totale, che va da quella economica a quella politica e perfino a quella filosofica – ha prevalso chi era strutturato e aveva profonde radici nel territorio. A dimostrazione che in politica si possono avere alti e bassi, ma non ci si può inventare il partito dei palloncini. Anche se uno in Italia c’è riuscito vent’anni fa e quell’uno si chiama Silvio Berlusconi. Ma quello è e rimarrà un fenomeno unico e forse irripetibile.
Detto ciò al ballottaggio se la vedranno Giulio Marini e Leonardo Michelini, in quella che sarà una gara apertissima, da tripla se si dovesse giocare al Totocalcio. Michelini ha chiuso in vantaggio il primo round, ma il centrodestra in questo turno era diviso in mille e più rivoli. Ora c’è da capire se il Bandolero stanco riuscirà a ricompattare le sue Sturmtruppen e farle ridiventare “tutte d’un sentimento”. Michelini, dal canto suo s’è rivelato – per la prima volta dal 1995 – la possibile carta vincente per un centrosinistra che finora le aveva sempre prese, anche quando aveva schierato qualche pezzo da novanta come il tesoriere Ugo Sposetti. E, visto che i vati di cui si parlava prima hanno da sempre attribuito la candidatura Michelini alla triade Fioroni-Gigli-Sposetti, va dato merito ai tre di averci visto giusto.
Battute a parte, al ballottaggio vanno due candidati di esperienza, indispensabile per attraversare l’oceano in un momento così difficile e con un mare così procelloso. Gli altri candidati non si offendano ma, esclusa qualche eccezione, rappresentavano tutti un azzardo, un’avventura che in questo momento il capoluogo della Tuscia non si può permettere. Del resto anche per fare il sindaco (mestiere oggi difficilissimo e pericoloso) bisogna andare a scuola cominciando dalle elementari, poi fare le medie, il liceo, e solo alla fine l’università. In troppi invece, pensavano di laurearsi col Cepu, ma gli è andata male.
Filippo Rossi da Trieste e la sua setta, a quanto leggo, sono già sul mercato. Marini sia, una tantum, intelligente (politicamente): mandi a quel paese Philip Red from Trieste e la sua banda di esaltati e arrivisti.