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Cosa potrebbe essere Viterbo

Il ponte verso il Duomo affollato di gente

Il ponte verso il Duomo affollato di gente

Entusiasta, incantato? No, semplicemente incavolato (eufemismo doveroso, visto il clima di festa). Incrociare tanta gente, fino al ripetuto scontro nel gigantesco struscio, può provocare l’orticaria. E non certo per insofferenza fisica. Vedere San Pellegrino, palazzo dei Papi, via San Lorenzo letteralmente inondati di turisti, prima dà un senso di piacere, poi sollecita l’orgoglio di cittadinanza, infine fa lievitare il rammarico che si trasforma in nervosismo. Che spettacolo, ma anche una amara constatazione: ecco cosa potrebbe essere Viterbo se appena potesse esprimere tutte le sue potenzialità che gli vengono prima dal Padreterno e poi dalla sua storia.
Ancora non si conosce il bilancio definitivo della festa dei fiori e forse non lo si conoscerà mai, però non importa. Non servono i numeri per decretare un successo che, in questo caso, si è appalesato agli occhi di tutti. Certo i meriti vanno alla organizzazione, sicuramente impeccabile, alla meravigliosa giornata di sole, ma soprattutto alle doti naturali di una città che vive ancora e purtroppo sullo spontaneismo. Ecco perché l’irritazione si sostituisce lentamente, ma sempre più prepotentemente alla gioia. Viterbo che apre le strade e le piazze a miracol mostrare, semplicemente facendo luccicare le proprie bellezze, ingentilite dai profumi e dai colori. Una volta tanto però. Anzi, due o tre: San Pellegrino in fiore…Caffeina…Santa Rosa. Un paio di mesi di luci e poi il buio più pesto per il resto dell’anno. Eppure quelle bellezze sono lì da secoli, sarebbe sufficiente lucidarle ed esporle con continuità. Ovvio, serve un minimo di programmazione, magari mettendo insieme indicazioni, suggerimenti, consigli. In una parola, la fantasia di chi sarebbe deputato a esprimerla e che, invece, troppo spesso non fa e/o non sa. O, ancora, è più impegnato a rispolverare chincaglierie, magari anche arrugginite spacciandole per pezzi unici di nostra madre terra.
Così accanto a vestigia di autentico valore storico, artistico e culturale ti ritrovi a vedere vecchi ferri del mestiere, arnesi di bottega che pure hanno fatto la storia di Viterbo. Una rassegna di oggetti – e non solo – buoni per tutte le stagioni e per tutte le feste: da quelle solenni di Santa Rosa a quelle più simpatiche e sagraiole, allestite per l’inaugurazione di un circolo bocciofilo o di un ritrovo dopolavoristico. Ce n’erano anche a San Pellegrino, a palazzo dei Papi, a via San Lorenzo e dintorni. Oh se ce n’erano, custoditi da smaliziati artigiani e attenti apprendisti. Verosimilmente per verificare di persona se tutto (oggetti e botteghe) fosse al loro posto. Lì dove allocano da anni…con la compiacenza di tanti concittadini che si accontentano di sbarcare il lunario senza andare oltre le mura.

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