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L’oro degli Etruschi: terme, non solo

bullicameLa recentissima kermesse svoltasi alla Union Printing, che ha celebrato i suoi 40 anni di attività, offre lo spunto per una serie di riflessioni su ciò che è e che potrebbe essere Viterbo (intendendo l’intera provincia), anche alla luce della visita del ministro Franceschini e dell’assemblea indetta da Federlazio dal titolo “L’oro degli Etruschi”. Un oro rappresentato dalle risorse termali che il territorio ha a disposizione, ma che ancora è allo stato grezzo e andrebbe adeguatamente lavorato per essere valolrizzato in tutto il suo splendore.

I risultati economici illustrati sabato scorso da Roberto Pepponi riguardo alla sua azienda dimostrano che le eccellenze possono esistere anche nella Tuscia. Ma che servono a poco per lo sviluppo di un territorio se non si fa sistema, ovvero se non si crea un circuito virtuoso che sfrutti le sue vocazioni naturali, creando altresì un indotto adeguato, e che si affidi a quella parolina divenuta ormai magica, ma determinante, ovverosia il marketing.

Dopo lustri e lustri di chiacchiere inutili, siamo ( o meglio, potremmo essere) alla vigilia di una vera svolta grazie al decollo di un progetto termale da sempre agognato, ma mai realizzato. Si parla di potenziamento del settore, di nuovi stabilimenti, di far ripartire le vetuste terme Inps. E va bene. Ma attenzione, perché tutto ciò potrebbe non bastare se tutto il territorio non si adegua. Se non si creano le condizioni per fare di Viterbo la città delle terme, ma non solo.

Una ricerca dell’Osservatorio nazionale del turismo aiuta a capire meglio il fenomeno: gli utenti del termalismo, che siano italiani o stranieri, scelgono un soggiorno termale per prendersi cura di sé e ritagliarsi un momento per rigenerarsi, sfuggendo alla frenesia quotidiana. Nel caso dei turisti stranieri poi, le destinazioni termali fanno parte di un’idea di vacanza più ricca e completa, che abbina al relax anche lo sport, la scoperta del territorio e l’enogastronomia. Sono infatti, considerate mete ideali anche per praticare sport (15,6%), desiderio messo in pratica come prima attività svolta sul posto (47,8%), di scoperta del territorio (13,6%) – ed infatti partecipano ad escursioni (27,1%) – e di culla dell’enogastronomia italiana (come motivazione nel 10,7% dei casi e come attività di degustazione nel 28,8%). Per i turisti italiani, invece, la vacanza alle terme è considerata più strettamente legata al riposo (41%) e all’esclusività evocata dal soggiorno all’insegna del benessere (14,5%).

Sia per gli italiani che per gli stranieri, inoltre, la spesa effettuata sul territorio per l’acquisto di beni e servizi si attesta su circa 90 euro a testa al giorno.

Tutto ciò fa capire come realizzare ottimi stabilimenti termali (che si aggiungano a quelli già esistenti) non sia sufficiente. Si rischia di realizzare la solita cattedrale nel deserto. Occorre invece mettere in campo un progetto globale, partendo magari dall’analisi dei principali casi di successo dei siti concorrenti e dall’analisi dei potenziali flussi di clienti (per Viterbo due obiettivi: i romani e i crocieristi che sbarcano a Civitavecchia). Serve poi una rete di imprese (hotel, ristoranti, strutture sportive, teatri, musei) cui affiancare iniziative come manifestazioni culturali e folkloristiche, tenendo presente che le terme sono fruibili per 365 giorni all’anno. Ai privati spetta anche l’onere di operazioni di co-marketing su target predefiniti, da concretizzarsi attraverso sistemi di carte di credito, banche, trasporti, pacchetti all inclusive, visite guidate nei luoghi di interesse culturale.

A tutto questo va abbinata una potente comunicazione e promozione commerciale dell’area che la pubblica amministrazione potrebbe e dovrebbe supportare con la pubblicità e l’organizzazione di eventi, fiere di settore nazionale ed internazionale, convegni sul tema salute, in un unicum in cui le terme sono uno dei valori aggiunti, ma non il solo.

Non è una ricetta semplice da realizzare, ma un’impresa possibile se il territorio sarà in grado di rispondere adeguatamente e che potrebbe dare i suoi frutti nel medio periodo. A un patto, però. Che ci si rimbocchi le maniche e che, pubblico e privati, siano in grado di marciare compatti in un’unica direzione.

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