02122024Headline:

Camere di commercio necessarie alle imprese

La Camera di commercio

La Camera di commercio

L’attuale contesto storico e culturale è caratterizzato da una forte tendenza del potere a verticalizzare i meccanismi decisionali: processo che penalizza in primo luogo il territorio e la dimensione orizzontale. Così, se in prima battuta i comuni sono stati ridotti a meri esecutori di decisioni prese altrove, le Province sono state ridimensionate, gettate nella minaccia della completa cancellazione, e le comunità montane sono state penalizzate nella loro dimensione e operatività, adesso è la volta delle Camere di Commercio.

Si parla costantemente di modifica di quel TITOLO V° della Costituzione che fu approvato a tambur battente nella fase pre-elettorale del voto del 2001. Oggi, però, quello che si ritiene importante sottolineare è che c’è un disegno per cui quella dimensione orizzontale tipica del nostro Paese viene eliminata e il risultato è che non siamo più sovrani. La sovranità risiede più in alto rispetto allo stesso popolo concepito come sovrano: nelle grandi centrali finanziarie, nelle grandi banche d’affari, nelle speculazioni internazionali; il territorio non funziona più come riferimento e questo è un sottile tradimento della storia italiana. Una storia che ritorna ad essere gestita dall’alto e non più dal basso. È evidente dunque che si tratta anche, e a ben vedere soprattutto, di una questione di democrazia

La democrazia è sostanziale o non lo è; sostanziale è la libertà di ciascuno di decidere per il proprio futuro. Sorge spontaneo chiedersi se si ha la certezza che la “smobilitazione” delle rappresentanze del territorio sia condivisa da chi vive il territorio lo vive. La storia ha dimostrato che l’Italia cresce dal basso, vive dal basso. Oggi abbiamo, invece, una classe superiore che si è re-impossessata di ogni livello decisionale e anche a livello mondiale tutto è verticalizzato. Il problema vero è capire quale sia l’animo con cui gli italiani vivono questo slittamento del potere verso l’alto e ciò che esso comporta per le istituzioni e i “delegati” a rappresentare il territorio. Ora, come non mai, l’unica possibilità sta nella capacità di affidarsi alla mobilitazione dei cittadini perché ce la possiamo fare solo se mettiamo in discussione la dimensione verticale che oggi vince su tutta la realtà italiana e nella politica italiana.

Il Governo Renzi è stato rafforzato dal recente voto europeo proprio per il suo “decisionismo”. Non per questo però può essere definito meno responsabile dello “sconquasso” che stanno subendo i livelli intermedi di rappresentanza. Alcune scelte recenti (Camere di Commercio e non solo) stanno depauperando il territorio italiano in modo irreversibile, mostrando un volto quantomeno statalista di questo governo, che non gli fa certo onore.

Un Paese come il nostro, con altri 8mila campanili, non può essere privato dei suoi livelli intermedi, di un’amministrazione partecipata dal basso. Decurtare del 50% i diritti camerali che le aziende pagano ogni anno determinerà l’imbalsamazione delle Camere, che non avranno più la possibilità di svolgere alcun tipo di attività e vivacchieranno per pagare personale e gli altri costi fissi.

Il tanto contrastato diritto camerale costa alle aziende in media qualcosa come 100€ e le Camere di Commercio, dopo l’uscita di scena delle Province, rimangono o meglio rimanevano gli unici registri del territorio. È arduo riuscire a cogliere il senso che ha togliere un superfluo di 50€ per consegnare un Paese ad un nuovo statalismo che prenderà decisioni sempre più lente rispetto ai cosiddetti livelli intermedi dei territori. È forse così che si taglia la burocrazia?

Al di là di alcune anomalie territoriali, non si possono non riconoscere alle Camere alcuni processi virtuosi, con progetti di innovazione nel campo informatico, di aiuto alla commercializzazione, fino a favorire la partecipazione delle aziende alle fiere e a fare promozione per il territorio. Cancellare o ridimensionare le Camere di Commercio significa tagliare le gambe alle nostre imprese, specie le più piccole, che non avranno più accesso a quei circuiti fondamentali per il commercio del made in Italy. Anche su EXPO 2015 la regia sul territorio è delle Camere di Commercio ed eliminando il regista si finirebbe per lasciare per strada tutte quelle aziende che avrebbero potuto partecipare a un progetto locale.
Siamo certi che con il “più Stato”, che tanto piace a questo Governo, si intraprenda la strada giusta e che invece non si traduca solo in meno società e meno sussidiarietà?
Crediamo che ora come non mai vada difeso il territorio e i livelli intermedi che lo rappresentano. Le associazioni di rappresentanza, il sindacato dei lavoratori, gli enti pubblici, i rappresentanti della politica locale, hanno il dovere di difendere le identità del territorio e tutte quelle forme di partecipazione che lo valorizzano.

 

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