28042024Headline:

Cercasi Destra disperatamente

Come Viterbo ha dilapidato un patrimonio politico e culturale

Giancarlo Gabbianelli

Giancarlo Gabbianelli

Scena uno, esterno giorno, piazza del Comune. L’anziano signore indica Palazzo dei priori e si rivolge al nipote: “Vedi, figliolo, una volta questa era tutta roba nostra”. Potrebbe commuoversi, e forse lo fa, dietro l’impermeabile inglese e sotto il cappello. Ma il ragazzo non se ne accorge, o comunque non capirebbe. Perché è difficile spiegare oggi ad un diciottenne che la destra ha governato Viterbo per diciott’anni consecutivi, che qui la Seconda Repubblica aveva soltanto un verso, e i numeri le davano ragione, e che invece adesso tutto questo è finito, passato, e va a capire se mai tornerà.
Già, dov’è finito il centrodestra viterbese? Dov’è finita la destra, soprattutto? Che fine hanno fatto quei galantuomini che – tra i pochissimi in Italia – seppero sfruttare il crollo del sistema dopo Tangentopoli e voltarlo a destra, invece che a sinistra? Quelli che elessero tre sindaci (uno, Giancarlo Gabbianelli, per due volte) dopo la fine del vecchio sistema? Quelli che presero l’esempio di Falcone e Borsellino e ne fecero una filosofia di vita, di governo?

Gianfranco Fini, padre e distruttore della Destra italiana

Gianfranco Fini, padre e distruttore della Destra italiana

Tutta Italia guardava: c’era Viterbo e c’era Foggia, due vittorie assicurate al momento dello spoglio. C’era Fini (voto 0) che veniva di gusto ad arringare la folla del PalaMalè, e quando proprio non poteva mandava Gasparri (voto 1), che allora sembrava ancora un fine politologo, mica la macchietta di oggi. Migliaia e migliaia di persone, in queste adunate: la buona borghesia (quella che fino a due mesi prima aveva votato Dc), i vecchi fascistoni che pure sembravano a disagio per l’improvviso exploit – loro, reduci da anni di comizi di Almirante, belli sì ma inutili alla prova delle urne –, e poi tanti giovani. Sì, i giovani, la vera novità che portò la destra a prendersi Viterbo, il Comune, spazzando via persino Fioroni, “il sindaco più giovane d’Italia”: una sconfitta che Peppino non è mai riuscito a digerire e che ha sempre voluto vendicare.
E venne Meroi (voto 7), che i ragazzi del Fronte della Gioventù adoravano e trattavano da fratello, e poi venne Gabbianelli, che dalla destra era uscito all’ora di Fiuggi salvo poi rientrarci ma che nessuno, qui, s’era mai permesso di discutere. Per capacità oratorie (è stato il migliore, voto 10) e anche per piglio decisionistico. Uno con le palle, Giancarlino, uno che ha cambiato la città, anche se ancora ne sta pagando le conseguenze. E dietro c’erano i padri nobili, i Signorelli (rincoglionito, ma efficace, (voto 9), i Pippi D’Angelo, i Zanobi, per capirci. E sotto, ancora i giovani: gli Scaramuccia, del quale tutti i pischelli neanche in età di voto avevano il numero, e poi i Rotelli e i Bianchini, e dopo ancora i Sabatini, ultimo lampo. Perché una destra più forte è anche uno stimolo  per il centrosinistra e una vittoria intrinseca di quella che voi chiamate democrazia (voto 3 e mezzo).
Che fine ha fatto quella destra viterbese? E’ morta, e non più in grado di proporre un nome forte, un progetto serio, un’aggregazione valida, anche a livello giovanile. Un po è stata ammazzata dalle ambizioni di Forza Italia (che qui, comunque, aveva sempre contato poco), un po’ dalla magistratura, un po’ dagli acciacchi dell’età. Ma c’è da scommettere che tra quelli che hanno scelto Leonardo Michelini nella primavera del 2013, c’erano tanti, tantissimi, elettori che negli anni precedenti avevano votato dall’altra parte. E che hanno accettato loro malgrado di morire democristiani. Così passa la gloria del mondo, voto 1.

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