29042024Headline:

Viterbo si scopre terra di prodotti tipici

Secondo il BonTà è prima nel Lazio con Roma, con tredici marchi tra Dop e Igp

Uno dei tanti stand del BonTà

Uno dei tanti stand del BonTà

Che uno si sveglia la mattina e scopre che Viterbo è la provincia del Lazio col maggior numero di prodotti tipici di qualità. Cioè, in totale all’ombra della Palanzana risiedono ben tredici marchi, tra Dop e Igp. Non male, viene quindi da commentare. Considerando oltretutto che la prepotente Roma ha lo stesso identico peso specifico (ma è grande almeno dieci volte).
Il dato emerge dal BonTà, salone delle eccellenze enogastronomiche artigianali e delle attrezzature professionali, che chiude domani i battenti in quel di Cremona.
La star della manifestazione è Bologna, che vanta addirittura ventidue etichette. Seguono Brescia (18), Cuneo (17), Bergamo (16). Appresso il quartetto composto da Cremona, Ferrara, Modena e Ravenna (14); e subito sotto noi altri, la Capitale, Forlì-Cesena, Padova, Pavia, Salerno, Siena, Treviso e Verona.
Chiudono la graduatoria (a 4) Trieste e Genova.
Rimanendo sui numeri, poi, lo Stivale racchiude ben 277 specificità; tra denominazioni di origine protetta (164), indicazioni geografiche protette (111), e specialità regionali garantite (2).
Prevalgono le medagliette conferite a cereali e ortofrutticoli (106), sul secondo gradino del podio risiedono i formaggi (50), ed ecco gli oli e i grassi (43). Forse un po’ pochi, a dirla tutta, in virtù dell’ampia produzione che si ha annualmente.
E qui ci si può rifare proprio a Viterbo. Che, fronte olio, ha appena due Dop. E nemmeno troppo conosciute o seguite, per il semplice fatto che a monte manca il più classico dei consorzi di tutela a garantire la bontà effettiva.

Riccardo Valentini, durante un incontro sui prodotti tipici

Riccardo Valentini, durante un incontro sui prodotti tipici

Ciò nonostante, la Tuscia occupa una posizione di tutto rispetto. La geografia ballerina che la contraddistingue, infatti, fa sì che nell’arco di pochi chilometri si possa passare da colture di montagna e elaborati tipici del mare o del lago.
Manca ancora un piccolo passo però, al fine di mostrare agli acquirenti (non solo quelli di casa) quanto di buono si avrebbe da proporre. Come nel caso sopracitato del “consorzio”, manca un “propulsore istituzionale” che sappia vendere il pacchetto provinciale completo.
“Occorre creare una rete di imprese costruita a partire dalla qualità – dice Riccardo Valentini, consigliere in quota Pd alla Pisana – Che valorizzi e sviluppi nuovi canali di commercializzazione per le produzioni tipiche. Dobbiamo essere capaci di sentirci parte di un solo territorio, per aggredire i mercati che ancora non ci conoscono”.

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