di Barbara Bianchi
VITERBO – Cercano della droga, ma trovano due vasi di bucchero del sesto secolo avanti Cristo.
La scoperta all’interno di un appartamento in via Treviso in cui i carabinieri, nel 2013, invece di bilancini e dosi di hashish, trovarono su una credenza reperti archeologici dal grandissimo valore storico: due vasi in ceramica di circa tremila anni fa e un ulteriore frammento di coccio databile intorno all’epoca medievale.
”I vasi – ha spiegato in aula davanti al giudice Giacomo Autizi, l’archeologa Daniela Rizzo – provengono senza dubbio da contesti funerari. Sono stati asportati da tombe etrusche: fanno parte del corredo del defunto”.
Inoltre ”la presenza di terriccio non incrostato – ha proseguito – ci permette di dire che quei reperti non sono stati estratti poco tempo fa”.
A finire a processo per quei ritrovamenti archeologici, la proprietaria dell’immobile, una donna viterbese, figlia di un noto antiquario della Tuscia, scomparso negli anni ‘80.
”Quegli oggetti erano in quell’appartamento ancora prima che lo ereditasse dal padre – ha spiegato il difensore Luigi Mancini – lei non ne conosceva nemmeno il vero valore economico”.
Tantomeno culturale.
Dopo sei anni di calvario giudiziario, ieri per lei l’assoluzione.
Ma è stata la comunità viterbese a trarne il maggiore vantaggio: quei reperti archeologici, autentici dell’epoca etrusca, verranno restituiti allo Stato e con ogni probabilità esposti al museo della Rocca Albornoz.