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Orgogliosi di parlare in italiano, ma anche in dialetto, parola di Ministro

Riscopriamo nel parlare e nello scrivere il "vero" italiano

di Andrea Stefano Marini Balestra

Viterbo,29.12.22 –

La vena patriottica avviata dal nuovo governo Meloni non si limita soltanto alla riscossa del “fabbricato in Italia” (mai, Made in Italy) del suo cibo, dei suoi costumi e del suo modo di vivere, ma la recente intervista del ministro Sangiuliano a Il Messaggero, comprende anche l’uso corretto della lingua italiana, quella che all’estero chiamano “la lingua di Dante”

Dopo decenni di subcultura di sinistra che ha preferito la globalizzazione in ogni dove, lingue ed idiomi compresi, anche il nostro modo di parlare è stato cambiato, inglesismi dovunque quando non intere frasi nella lingua dei figli di Albione. Almeno ci siamo risparmiati la lingua russa che taluni fanatici del comunismo avrebbero preferito !

Certo, mi rendo conto che l’uso di termini anglosassoni o americani e di frasi con participio assoluto presenti nella grammatica e nel parlare inglese abbondano, semplificano spesso il modo di intendersi, quando l’altrettanto concetto, espresso in italiano necessitetebbe di sprimersi in più parole.

La lingua inglese, un moderno latino, è la lingua ufficiale nell’aeronautica sia essa sportiva, commerciale e militare. Senza la conoscenza della lingua inglese, per es., un brevetto di pilota civile, non può valere all’estero. Ma in quel settore, dove le comunicazioni radio tra enti controllo e pilota non debbano invadere l’etere è ovvio che si scelga fraseologia, breve secca, tecnica anglosassone.

Ma il problema dell’inglesizzazione della lingua italiana è la diffusione di essa nel comune parlare tra noi. Appare schic snocciolare termini, sostantivi ed additittura frasi intere in lingua straniera. Ciò, per alcuni versi parte da lontano, è stato in passato nel XIX secolo per il francese usato dalle classi nobili del tempo, ma oggi, non ono più ammesse esigenze snobistiche per defraudare una delle più belle e musicali lingue del mondo della sua natura.

Il discorso della “purezza” della lingua italiana è lungo.

Forse l’Italiano, dalla sua nascita, è stato inquinato da altri idiomi europei. L’Italiano, apparso in embrione attorno all’anno mille come deformazione del latino (vedasi l’atto notarile di Cassino: Sao per chille terre…..), però già similare ad idiomi nordeuropei che ormai da secoli erano presenti sul nostro territorio dopo la discesa dei “barbari”

Quindi, l’Italiano, tra le lingue romanze fu l’ultima a nascere, infatti, più vicino al latino è lo spagnolo, il francese ed il romeno, lingue che si formarono già nel VII. VIII secolo. In queste lingue la presenza di avverbi e parole latine è maggiormente presente che nell’italiano. Non andiamo su queste note verificare le differenze, ma, senza tanti sforzi, si può verificare che nell’italiano termini di derivazione nordeuropea abbondano più che nello spagnolo e romeno.

Ma tant’è.

Il latino, quindi, non è in tutto e per tutto la lingua madre dell’italiano, e dell’italiano, come oggi si parla. La lingua italiana,ancora, non è nemmeno univoca sul territorio nazionale. Sopravvivono i dialetti, vere lingua “autonome” in varie parti d’Italia.

Restino però i dialetti ed i modi di parlare, segno del mostro essere particolari, quindi sopravviva la cantilena viterbese del dialetto laziale, l’aspirata c dei toscani, i dittonghi del napoletano, la d al posto della t dei vicini umbri e via discorrendo dalle Alpi alle piramidi, ma ,il vero italiano, quello consacrato nei cinque secoli di attività della Accademia della Crusca, deve essere presente, unico, pertanto anche messo come in Costituzione come lingua ufficiale della Repubblica Italiana.

Se può concedersi un uso “disinvolto” dell’italiano nel parlare di tutti i giorni e, ne se faccia mescolanza di esso con l’inglese per alcune particolarità, vedasi sportive (come si traduce “gol” ? Ma, “appoggio” da “assist” si) pertanto, per legge, l’italiano corretto deve essere nei testi scritti siano essi, leggi, decreti, ordinanze rese dalle pubbliche autorità ed a fortiori da scrittori, romanzieri, sceneggiatori di spettacoli cinematografici, teatrali, giornalisti.

Addirittura, mi si passi l’iperbole, è da “punire” colui chi negli scritti ed altro in relazione altri su mezzi cartacei o nella comunicazione pubblica, usi un italiano distorto e condito da anglicismi.

Un volta posto nelle norme costituzionali che l’italiano sia la lingua ufficiale della Repubblica, il cattivo uso sarebbe un’attivita anticostituzionale.

Allora, lo strumento sul quale sto scrivendo non sarà più il “computer”, ma elaboratore. Vi può far ridere ? No, in Francia il computer si chiama ordinateur ed in spagnolo ordenador.

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