L’Italia è quel meraviglioso Paese dove non si capisce mai chi abbia vinto le elezioni. O meglio: dove tutti sembrano averle vinte (e nessuno di conseguenza, le ha perse), specie nelle ore incasinatissime delle notte, coi seggi appena chiusi, i dati che s’ammucchiano, i politici che cianciano. Però, in questa notte europea di caffé e maalox (copyright: Giuseppe Grillo) appena trascorsa, i numeri hanno detto che le elezioni Europee le ha vinte il Partito democratico. Il Pd di Matteo Renzi.
Lo hanno anticipato gli exit poll, lo hanno confermato e rafforzato le prime proiezioni sui dati reali, sui voti scrutinati nelle sezioni, ci hanno messo il timbro definitivo i dati del Viminale. Un Pd che vola alto, ben oltre il record di Veltroni nel 2008 (33.4 per cento) e che centrera una serie di obiettivi mica male. Intanto, rafforza (blinda) il Governo in carica e il suo premier per parecchio tempo, alla faccia di quelli che già ventilavano un voto anticipato in autunno; poi, fa dei democrats italiani la pattuglia più numerosa nel prossimo parlamento continentale, dove tra l’altro si profila una larga intesa in salsa belga, con Ppe e Pse alleati; infine, ma non certo in ordine di importanza, questi dati raffreddano le callare, i bollori, del Movimento Cinque Stelle, che negli ultimi giorni aveva sbandierato a destra e a manca – soprattutto a manca – di poter fare il colpaccio. Balle, visto che sempre i numeri hanno dato i pentastellati a quasi venti punti di distacco rispetto al Pd. Forti sì, i grillini, e questo si sapeva, ma non al punto da aprire gli avversari come scatolette di tonno. Terza forza si conferma Forza Italia, con una percentuale che sta tra il 16 e il 17 per cento: la più bassa da quando Berlusconi è sceso in politica, dal 1994, senza considerare che per la prima volta il partito si è presentato sì con un Dudù in più, ma con un Alfano in meno. Il risultato, benché relativamente modesto rispetto a Pd e M5S, conferisce comunque all’ex Cavaliere una bella massa di manovra da usare, strategicamente, sullo scacchiere politico interno. Insomma: Silvio non starà benissimo, ma non è neanche defunto. E gli altri? La sopresona al momento è la Lega Nord, ben sopra il quorum del 4 per cento, specchio in versione minore dei successi antieuropei del Front National di Marine Le Pen in Francia, dell’Ukip in Inghilterra e di altre realtà simili in Austria, Ungheria e Danimarca. E chissà se questo risultato non possa regalare una sorpresa nella sorpresa a Umberto Fusco, candidato viterbese proprio nelle file del Carroccio. Sul filo del quorum, hanno ballato una danza macabra per tutta la notte la lista Tsipras di sinistra, e il Nuovo centro destra. Sotto il limite, Fratelli d’Italia-An, nonostante i grandi sforzi e gli altrettanto grandi proclami della campagna elettorale, e soprattutto Scelta europea, il partito fondato da Monti appena due anni e mezzo fa per il quale ora suonano le campane a morto.
Nella Tuscia il voto ha rispecchiato grosso modo il dato nazionale, con qualche differenza. Il Pd s’è fermato al 38, 39 per cento e i “grillini” hanno superato il 24. Forza Italia ha fatto meglio del dato nazionale (18,54), e i Fratelloni d’Italia qui sono andati forte: 6,80 per cento. L’ultima curiosità riguarda la Lega Nord: l’hanno votata in 4.310 (2,80) per cento. Visto che non siamo in Padania, non è poco.
Per avere i risultati delle amministrative (si votava in 27 comuni della provincia), bisognerà aspettare oggi pomeriggio. Con la solita avvertenza: in Italia tutti sembrano aver vinto, e nessuno sembra aver perso. Nonostante la matematica non sia un’opinione.