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Restaurata “Doppia 2” di Naoya Takahara

sedia università (2)

Nei giorni scorsi si è conclusa l’ultima fase della giornata di studio Conservare e musealizzare l’arte contemporanea: il caso Doppia 2 di Naoya Takahara, promossa dal Sistema museale d’ateneo, rete dell’arte contemporanea (coordinata dalla professoressa Elisabetta Cristallini).
L’artista giapponese ha effettuato un intervento conservativo di ripulitura sulla sua opera Doppia 2, una scultura installazione donata all’università della Tuscia nel 1995, in occasione del Festival incantesimi di Bomarzo. L’intervento è stato coadiuvato da studenti del Dipartimento di Scienze dei Beni Culturali (Antonella Veneri, Giorgia Porcu, Vanessa Moretti, Cetty Paris), coordinati dalla professoressa Manuela Romagnoli. L’artista, Takahara, si è detto soddisfatto del risultato e nel raccontare le ragioni che l’hanno condotto alla decisione di restaurare la sua opera, ricorda che il dibattito sul restauro dell’arte contemporanea è più che mai vivo e attuale.
“Molto spesso gli artisti – spiega- tendono a considerare l’opera d’arte un’entità fissa e immutabile nel tempo. Per questo non sentono la necessità di un intervento conservativo. Invece – continua – l’artista deve pensare a lungo termine e ricordarsi che l’opera d’arte va nutrita esattamente come un essere umano. L’obiettivo del restauro – precisa- deve preservare l’opera in ogni suo aspetto e riportarla alla sua iniziale concezione artistica, ma senza cancellare i segni lasciati dal passaggio del tempo, poiché sono parte integrante della sua storia”.
Takahara ha parlato della sua profonda indagine artistica, tesa a cogliere il rapporto esistente tra oggetto e immagine, tra azione e relazione, dove lo spettatore è invitato ad andare oltre il mero significato oggettivo dell’opera e a spaziare verso nuovi contesti. Da qui la necessità di mettere in relazione due oggetti tra di loro, al fine di osservare “come una semplice azione può generare un nuovo contesto e modificare il significato dell’opera stessa”. E il profondo rapporto tra azione/relazione trova un’interessante manifestazione nell’opera Doppia 2 appunto, (la seconda di tre opere complementari, di cui una esposta al Macro, Museo di Arte Contemporanea di Roma), dove sono rappresentate due sedie di dimensioni differenti in legno grezzo, sulla più grande delle quali poggia una vecchia macchina da scrivere.
Parole di soddisfazione anche da parte delle studentesse del dipartimento di Beni Culturali, che hanno ripercorso le fasi salienti dell’attività di restauro: “Dopo un’iniziale spolveratura, utile all’asportazione dello sporco incoerente – spiega Antonella Veneri, studentessa del corso di Diagnostica del Dipartimento di Beni Culturali – l’intera superficie è stata pulita con spugne imbevute di una soluzione di alcool e acqua demineralizzata, al fine di rimuovere lo sporco coerente. Le molteplici stuccature, non originali e non volute dall’artista, sono state rimosse a bisturi, per essere sostituite da nuovi risarcimenti in stucco per legno. In seguito, è stata effettuata la loro reintegrazione con colori ad acquerello. L’ultima fase è stata la finitura a cera d’api applicata e massaggiata con un panno di lana. Senza dubbio – continua Antonella – il confronto con l’artista è stato l’aspetto più affascinante di tutto il percorso, la sua attenzione al dettaglio, la sua discreta ma attenta supervisione hanno guidato ogni aspetto del nostro lavoro”.
Ora l’opera ha finalmente trovato la sua collocazione definitiva presso il complesso del Rettorato di S. Maria in Gradi: due sedie, una di fronte all’altra, una vecchia macchina da scrivere e un foglio bianco, dove si leggono poche parole, che sintetizzano il senso profondo dell’opera“Ho fatto una sedia, l’ho ingrandita fino a diventare il mio tavolo ideale, era alta quasi doppia”.

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