03052024Headline:

Il modello Viterbese per rilanciare Viterbo

Il patron della Viterbese Piero Camilli

Il patron della Viterbese Piero Camilli

Ma quale Expo, ma quali mostre d’arte, ma quale propaganda – a pagamento, chiaro – sui giornali nazionali. Ad oggi c’è soltanto un modo sicuro per esportare il nome di Viterbo, ed un’immagine positiva della città, al di fuori delle mura cittadine (oltre le mura, direbbe qualcuno). E’ il calcio, il caro vecchio gioco del pallone, che magari non ispirerà gli snob e i salottieri, che farà inorridire quelli che preferiscono altre vie pubblicitarie, ma che per il momento è l’unica cosa che funziona.
Sì, la Viterbese, la società arrivata un anno e mezzo fa per salvare la baracca (ma non i burattini) di un club che stava morendo e che non solo ha cancellato i brutti ricordi del passato, ma col passare dei mesi ha regalato ai tifosi una serie di vittorie che definire travolgente è poco. Prima, col trionfo diretto nello scorso campionato di Eccellenza, in faccia a quel Rieti con cui da sempre c’è una competizione non solo sportiva, ma anche di campanile. E poi quest’anno, con la serie D ritrovata, e un ruolino strabiliante – ancora aperto – che racconta di sei vittorie consecutive, nove nelle ultime dieci partite, e un secondo posto saldissimo (con sei punti di vantaggio sulla seconda) e la prospettiva per ora di fare i playoff, ma senza dimenticare che il primo posto della Lupa Castelli è attaccabilissimo.

I tifosi della Viterbese in trasferta

I tifosi della Viterbese in trasferta

Può bastare? Ma anche no. Perché la gestione societaria della famiglia Camilli può insegnare tante altre cose a chi amministra la cosa pubblica, a chi ambisce a portare Viterbo all’avanguardia nei settori privati, nella cultura, nella vivibilità. La Viterbese, oggi, è una delle poche eccellenze che questa città può vantare: organizzata, strutturata pur conservando una certa flessibilità e meritocrazia interna (se non funzioni ti sostituisco e chiamo uno più bravo nel tuo ruolo), soprattutto ben consapevole di quale sia l’obiettivo da raggiungere. La vittoria.
“Bella forza – dice il disfattista – con tutti i soldi che ci mette il Comandante…” Obiezione respinta, e troppo maliziosa per non puzzare di gufata. Perché è vero che il budget della Viterbese è ampio, ma. Primo: nel calcio non vince sempre chi più spende, e anzi spesso i risultati sono inversamente proporzionali alla disponibilità economica. Secondo: oltre a metterci i quattrini bisogna avere un controllo completo della struttura, con la certezza che tutti remino nella stessa direzione e che il progetto non sia a scadenza limitata, ma di largo respiro. Cose che i dipendenti (non solo i giocatori) della società di via della Palazzina sanno perfettamente, così come ne sono a conoscenza le avversarie del girone. E in questo caso è gustoso leggere e ascoltare le preoccupazioni delle squadre romane, ciociare, o addirittura sarde che si trovano ad affrontare la Gialloblu: “La Viterbese ha l’organico più forte, i dirigenti più preparati e la piazza più importante del girone”, dicono tutti. E c’è d’andarne fieri, di questo rispetto/invidia, seppur di stampo pallonaro.

Il presidente Vincenzo Camilli portato in trionfo dai tifosi nel giorno della promozione

Il presidente Vincenzo Camilli portato in trionfo dai tifosi nel giorno della promozione

A ciò vanno aggiunte le oggettive difficoltà ambientali (chiamiamole così, anche se è un eufemismo) con le quali il Comandante deve confrontarsi ogni giorno da quando è approdati nel capoluogo. La convenzione per la gestione dello stadio è stato un caso emblematico: tempi lunghissimi, mille intoppi burocratici, e la paura che tutto potesse saltare, spingendo i Camilli ad un clamoroso quando doloroso addio. Lo stesso patron – che conosce i suoi polli – aveva messo le carte in chiaro, avvertendo Palazzo dei priori: “Guardate che io sono qui per vincere, e vado più veloce di voi”, aveva detto in tempi non sospetti. E infatti, toccando ferro e facendo tutti i gesti apotropaici possibili – se la Viterbese dovesse continuare a scalare le categorie presto potrebbe essere necessario qualche robusto ritocco allo stadio Rocchi. Così come sarebbe necessario consentire alla società la realizzazione di un centro sportivo, di una cittadella, che possa garantire supporto logistico ad alto livello, visto che anche i campi per allenarsi, durante la settimana, sono difficili da trovare. Già, la cittadella: per lo sport cittadino potrebbe rappresentare un altro fiore all’occhiello.
Viterbese modello, insomma, anche fuori dal calcio, anche per chi vuole valorizzare il marchio Viterbo in Italia e fuori. Anche per smentire tutti quelli che sostengono che da queste parti non si possano realizzare cose buone. Per adesso col pallone, un domani chissà.

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