05122024Headline:

Come far ripartire il mattone nella Tuscia

Belli, presidente dell'Ance: "Resto ottimista: non sarà facile e breve, ma ce la faremo"

Andrea Belli e Sergio Saggini, presidente e vice dell'Ance viterbese

Andrea Belli e Sergio Saggini, presidente e vice dell’Ance viterbese

Andrea Belli, 45 anni, imprenditore, è da qualche giorno nuovo presidente dell’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori edili. Insieme al vice, Sergio Saggini, prende la guida di un settore trainante dell’economia viterbese in sostituzione di Domenico Merlani, diventato nel frattempo presidente della Camera di commercio.

Presidente Belli, che aria tira?

“Non si può certo affermare che si tratti di un gran periodo. Gli ultimi dati della Cassa Edile certificano che nella nostra provincia in 5 anni abbiamo perso 500 aziende e 2mila addetti. Se ne parla poco perché spesso si tratta di imprese con 1-2 dipendenti e questo, mi rendo conto,  non fa notizia. Però i numeri nel loro insieme sono inequivocabili”.

Eppure non ci sarebbe momento migliore di questo per comprare casa: offerta vasta, prezzi bassi…

“E’ vero, ma è difficile impegnarsi per un periodo lungo quando non c’è certezza per il futuro. Sono convinto che anche le vicende recentissime della Grecia abbiano una qualche influenza. Però, a mio modo di vedere, ciò che pesa di più è la componente fiscale: possedere una casa oggi equivale a sottoporsi ad una patrimoniale nascosta. La componente fiscale ha un peso decisivo”.

Eppure qualche segnale positivo viene, ad esempio, dal settore dei mutui…

“Non voglio entrare in polemica, ma prima di parlare inviterei ad andare in banca e chiedere un finanziamento… Gli istituti di credito concedono al massimo la metà del valore dell’immobile: e l’altra metà? E il problema comunque non riguarda solo i privati, ma anche le imprese”.

In che senso?

“Penso ad esempio al settore dei lavori pubblici. Non è una notizia che la Tuscia, e non solo, abbia bisogno di incisivi interventi infrastrutturali. Ecco, anche su questo fronte bisognerebbe dare una svolta. E una scossa”.

Una piaga antica…

“Infatti. Della trasversale sentiamo parlare da trent’anni e il completamento è ancora lontanissimo. Per andare da Viterbo a Roma in treno ci vuole almeno un’ora e mezza. Si metta seriamente mano a queste problematiche e il settore delle costruzioni riparte. E con esso tutta l’economia”.

Il discorso comune è: stop al consumo di territorio.

“Concordo in linea generale. Anche e soprattutto perché non ha senso costruire ex novo quando il mercato non è in grado di assorbire l’offerta: in parole povere non c’è richiesta. Detto questo, aggiungo che se lo sviluppo viene gestito in modo corretto, non è un peccato consumare anche un po’ di territorio, per esempio attraverso un quartiere modello”.

Qual è allora la strada per uscire dalla crisi?

“La crisi ha indotto tutti a cambiare il modo di costruire, puntando sull’innovazione, sull’efficientamento energetico, sulla ecosostenibilità. Pensare di realizzare oggi abitazioni che non siano di classe A è una follia. Ci aspettiamo da un momento all’altro che venga approvato dal Comune di Viterbo il Paes, Piano d’azione per l’energia sostenibile, che rientra peraltro nei programmi europei. Anche quello sarà un passaggio importante perché stabilirà i criteri attraverso i quali intervenire sul parco abitativo esistente. Come pure vanno stimolate al massimo le sinergie pubblico – privato”.

Il mercato edilizio continua ad accusare gli effetti della crisi

Il mercato edilizio continua ad accusare gli effetti della crisi

Il solito discorso, ma i finanziamenti?

“Mi pare che la situazione generale degli enti pubblici impedisca di pensare ad interventi diretti, ma certo le amministrazioni locali possono facilitare imprenditori anche e soprattutto stranieri che vogliano investire. Faccio un esempio concreto: l’ospedale vecchio di Viterbo. Che senso ha tenerlo abbandonato come adesso? Quello è un caso tipico di possibile project financing con un investitore che lo ristruttura e lo rimette a posto magari per creare una struttura d’accoglienza. E’ solo uno dei possibili casi in cui il pubblico non deve tirar fuori dei soldi (che peraltro non ha), ma può diventare uno stimolo consistente per l’intervento dei privati”.

Come si esce dalla crisi, presidente Belli?

“Cambiando mentalità, puntando sull’innovazione, dimostrando nei fatti che siamo più bravi a costruire delle imprese delle province vicine e che il nostro modello è esportabile”.

Ma lei è ottimista?

“Assolutamente sì. Faccio l’imprenditore: se non lo fossi, dovrei cambiare mestiere. Non sarà facile e non sarà nemmeno breve, ma se tutti ci mettiamo al lavoro seriamente, riusciremo a venirne fuori”.

In bocca al lupo.

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