Farsi due passi, la sera, in quel labirinto tufaceo che è il centro di Farnese, ha sempre il suo perché. Il Comune dell’Alta Tuscia, l’ultimo su quel versante prima della Toscana, è un gioiellino architettonico incastonato nella pietra porosa. Vi si accede attraversando l’arco del viadotto. E ci si ritrova nella città dentro la città. Un salto nel passato (ben conservato) che ricorda tanto la vita contadina di certi film retrò. Ancor più poi in questi giorni (gli ultimi due e fino a stasera), poiché tra sampietrini e taverne e ristorantini che compaiono dal nulla, stupendo il viaggiatore occasionale, ecco anche la mostra dell’artigianato.
L’esposizione (modesta forse in confronto all’Expo milanese, ma assai più genuina) è giunta alla sua ventesima edizione. Sfrutta la cornice naturale. Occupa delicatamente cantine, anfratti e slarghi.
Si sposa perfettamente con le abitazioni (poche quelle abbandonate), con il fare quotidiano, con le signore che puliscono cicoria e bietola alla penombra ventilata del crepuscolo.
Gli standisti poi, chi sotto i gazebo e chi di dentro al garage del cugino, sono per lo più autoctoni. O al massimo provenienti dal paese vicino. Poche cinesate (quasi niente), tante prelibatezze. E guai a chiamarle eccellenze. Il termine radical-chic ha stufato e non rende affatto.
Ci sta il tipo che intreccia l’aglio e fa assaggiare i suoi “tarli” sott’olio (una delizia). L’amico con le piante grasse. Diversi angoli del cucito, del ricamo, del punto a croce e di altre diavolerie simili. Le borse di fettuccia della maestra Rita. Il vino, l’unico, coltivato dentro la riserva del Lamone (si chiama Trusco, e con i “tarli” va giù che è un piacere).
Il cuoio, i bracciali, le pizzette fritte al momento (sosta obbligata) e moltissimi altri manufatti che via via si scoprono seguendo un percorso variegato e non obbligato.
Ci si perde, insomma. E ci si perde con piacere.
Domani si allucchetteranno i magazzini e si smonteranno gli stand. In silenzio. Senza disturbare nessuno. L’appuntamento è rimandato al 2016. E c’è tutto un anno per produrre altre cosine da mostrare al curioso. Tanto la mostra dell’artigianato sta sempre lì. Non si muove mica. Sospesa nel tempo e nello spazio.