03052024Headline:

Quando la cultura fa campare qualcuno

Riflessioni e considerazioni di varia umanità sorseggiando il caffè della domenica

savino nicolaLoschi figuri si aggirano nella Tuscia. Ma la genìa, purtroppo, è presente dappertutto e anche in rapida proliferazione. Si autodefiniscono “operatori culturali”, talvolta (quando proprio sono in vena) anche intellettuali. E soltanto perché vivono, anzi campano dal sottobosco di manifestazioni, incontri, kermesse, convegni e affini: tutte faccende alle quali appare quanto meno azzardato accostare anche solo per un attimo la parola “cultura” (rigorosamente con la minuscola). Costoro hanno il dono della sapienza incorporato e congenito. Perché? Perché sparano sentenze e giudizi a raffica: senza capire, senza sapere, ma soltanto per difendere i propri miseri interessi. Quelli di un orticello costruito attraverso amicizie e favori che assurge al ruolo di insostituibile e imperdibile contenitore al quale non si può rinunciare, ma che anzi reclama attenzioni e risorse, soprattutto dagli enti pubblici. Poiché i privati si guarderebbero bene dal mettere soldi in vicende che interessano soltanto chi le organizza e nemmeno i loro parenti più stretti.

Il riferimento è a quella miriade di appuntamenti che pullulano (soprattutto d’estate) città, paesi, borghi e casali del Viterbese e non solo. Roba da far accapponare la pelle solo a leggere l’altisonante titolo: Festival della formica rossa dell’Australia; Incontri d’autore sulla letteratura boera dell’Ottocento; Alla scoperta del distico giambico… Tutte cosucce che il grande Fantozzi avrebbe definito come “una palla mostruosa”. Ancor più della famosa corazzata con sottotitoli in cecoslovacco. Che poi tali (pseudo) progetti culturali (?) trovino talvolta anche risonanza nel telegiornale regionale del TgLazio (anzi, TgRoma) è un altro discorso, già affrontato peraltro. Costoro, i loschi figuri di cui sopra, pontificano con solerte costanza e dall’alto di una saccenza senza pari: questo si deve fare, quest’altro è un errore, quest’altro ancora merita finanziamenti… E via di questo passo sempre tenendo d’occhio l’orticello personale. Già, perché il giochetto è semplice: se si difende e si esalta un appuntamento qualunque, anche il più inutile, allora si diventa più credibili quando si parlerà di quello che alle loro tasche maggiormente interessa.

Il discorso capita a fagiolo visto che proprio l’altro giorno si è parlato del dossier preparato per sostenere la candidatura di Viterbo a capitale italiana della cultura. Al di là delle inevitabili polemiche politiche, restano alcuni fatti. Il comitato promotore, coordinato dal professor Margottini (in verità, un po’ scordarello…)  ha fatto una scelta: puntare sulla Viterbo del Rinascimento, sicuramente meno conosciuta, dando per scontato che quella medievale è già abbastanza nota. Scelta legittima, probabilmente condivisa dalla stessa amministrazione comunale, sicuramente dirompente e innovativa. Scelta giusta e opportuna? Nessuno può essere certo che un’impostazione differente avrebbe potuto dare esiti diversi e migliori. Ma per gli “operatori culturali” di cui sopra è stata l’occasione perfetta per lanciare strali e proclami: tutto sbagliato, tutto da buttare, Viterbo bocciata e ridicolizzata… E via con amenità di questo genere. Una volta, quel simpaticone di Tremonti si lasciò scappare (ma probabilmente lo pensava davvero) che “con la cultura non si mangia”. Sbagliato, professore: con la Cultura (quella con la maiuscola) si cresce, e non solo nel bagaglio personale. Ma è errata anche per certe persone che attraverso il sottobosco ci campano, e anche bene. Ma quanto sarebbe più gratificante e utile per questi signori una semplice sagra della porchetta o della bruschetta o dell’acquacotta…

Buona domenica.

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