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Giotto, l’infinito della Stella Azzurra

Mathlouthi, 19 anni, di Cisterna: "Se non riesco col basket, farò il cuoco"

Giotto Mathlouthi in palleggio

Giotto Mathlouthi in palleggio

Giotto, che nome altisonante…

“Ma non è il mio nome…”.

Come sarebbe a dire?

“No, io mi chiamo Semir”.

Quindi?

“Quando ero piccolo, un amico di mio padre decise che mio fratello sarebbe stato Gigi e io Giotto. E da allora è stato sempre così. Quando qualcuno mi chiama Semir, faccio fatica a capire che sta parlando di me”.

Ok, anche Mathlouthi non è proprio comune…

“La mia famiglia è di origine tunisina. Mio padre arrivò in Italia una trentina di anni fa, poi arrivò mia madre e qui siamo nati io e i miei tre fratelli. Sono italianissimo, nato a e vissuto a Cisterna di Latina”.

Ricapitolando: Giotto Mathlouthi, 19 anni, professione giocatore di basket; attuale squadra di appartenenza: Stella Azzurra Viterbo.

Giotto in affettuoso atteggiamento con la ragazza, Claudia

Giotto in affettuoso atteggiamento con la ragazza, Claudia

“Esattamente. Posso aggiungere che sono il più piccolo dei figli, ma il più alto. Mio padre fa il giardiniere, mia madre è casalinga. E in famiglia nessuno sa di basket, a parte mio fratello che vive a Londra, dove fa il cuoco, e che è un grande appassionato”.

E allora come si spiega che Giotto ci gioca e pure abbastanza bene?

“Mi è sempre piaciuto e ho cominciato da piccolo col minibasket. Poi tutta la trafila nelle giovanili: a 17 anni già giocavo in B, poco ma c’ero. E l’anno scorso ho assaggiato anche la A2 a Latina”.

In pratica, il primo campionato professionistico.

“Infatti. Un piccolo traguardo raggiunto”.

Il prossimo?

“Non mi sono mai posto particolari traguardi”.

Si fa fatica a crederlo…

Il simbolo dell'infinito tatuato sulla coscia

Il simbolo dell’infinito tatuato sulla coscia

“No, è la verità. Ma non è presunzione, la mia: voglio solo dire che, se sono bravo e miglioro tanto, potrei anche aspirare alla serie A. Ma non vivo questa situazione con ansia. Devo saper aspettare e soprattutto crescere”.

Il ruolo preferito?

“Per ora il 3, ala piccola. Forse anche il 4, l’ala grande, ma devo irrobustirmi parecchio per diventare come Fabio Marcante”.

Difetti?

“Tanti, soprattutto in difesa. Coach Umberto mi ripete spesso che non riesco a leggere certe situazioni. E poi commetto falli ingenui, assolutamente da evitare”.

Conta più la testa o il fisico?

“La prima, non c’è alcun dubbio. E, infatti, ho giocato male le ultime due partite perché non sono riuscito a starci con la testa. Eppure mi sentivo bene fisicamente”.

Magari ci pensa Isabella Cristaudo (la preparatrice) con le sue sedute di yoga…

“Lo spero. Deve proprio farmi il lavaggio del cervello”.

Come si immagina Semir, pardon Giotto, nel futuro?

“Giocatore di pallacanestro, sicuramente. Magari anche allenatore, ma non adesso di certo”.

E come persona?

“L’anno prossimo conto di finire la scuola alberghiera, che frequento a Frascati. Il piano B è questo”.

C’è per caso anche un piano C?

“Sì, il lavoro. Se non va bene col basket, raggiungo mio fratello a Londra e mi fermo lì”.

Gli altri fratelli?

“Uno vive a Cuneo dove fa il carabiniere, l’altro aiuta mio padre”.

A casa che pensano?

“Niente di particolare. Mi hanno sempre lasciato libero di fare le mie scelte: non mi hanno mai ostacolato, ma neppure mi hanno incoraggiato. E poi raramente vengono a vedermi”.

Come mai?

“Mio padre è sempre impegnato col lavoro, mia madre quando mi ha visto giocare la prima volta, ebbe una crisi di panico: da allora mai più. Ci sarebbero i fratelli, ma vivono lontano”.

Giotto al tiro in sospensione

Giotto al tiro in sospensione

C’è sempre la ragazza…

“E’ vero, si chiama Claudia ma sta a Latina. Che non è proprio vicinissima. Diciamo che viene molto più spesso lei da me che non io da lei”.

Perché quel numero 8 tatuato sulla coscia?

“Non è un 8, è il simbolo dell’infinito”.

Già, ma perché?

“Mi piaceva e me lo sono fatto tatuare. Ma a casa non lo sanno…”.

Domenica c’è la capolista…

“Lo so. Non sarà facile, ma ci proveremo”.

Perché è bella questa Stella Azzurra?

“Perché è fatta, a parte Valerio e Fabio, di giovani più o meno della stessa età che hanno capito che viene prima il gruppo e poi le esigenze dei singoli. I successi arrivano così”.

Bella regola di vita.

“E’ la prima cosa che ci ha detto il coach: noi cerchiamo solo di metterla in pratica”.

Ci riuscite?

“Spesso sì e quando non lo facciamo perdiamo”.

L’esperienza più bella?

“Aver avuto la possibilità di allenarmi con giocatori americani. Si impara tantissimo da loro: basta solo guardarli”.

La vittoria più bella?

“La prossima. Sempre la prossima”.

In bocca al lupo, Semir. Pardon, Giotto.

 

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