03052024Headline:

Cultura, servono idee e modelli di crescita

Riflessioni e considerazioni di varia umanità sorseggiando il caffè della domenica

trentarighe disegnoIstituzione culturale. E’ una parola grossa, ma perfettamente calzante al ruolo e ai compiti a cui deve assolvere una biblioteca. Che non è solo il luogo fisico dove si possono prendere in prestito i libri o leggere i giornali, ma la struttura che deve saper offrire servizi di varia natura: film, presentazioni, supporti multimediali. Insomma, tutto quanto fa cultura, parafrasando il sottotitolo di un fortunato programma televisivo di qualche anno fa. Il Consorzio Biblioteche di Viterbo (che unisce quella di viale Trento e quella di piazza del Teatro) assolve queste mansioni con un’attenzione e una cura particolari. Ha ragione da vendere il commissario straordinario Paolo Pelliccia quando ricorda che al momento del suo arrivo, il numero dei visitatori era pari a zero. Oggi, per fortuna, la situazione è molto diversa ed è cambiata in meglio.

Pensare che per circa due anni quella istituzione è riuscita a sopravvivere solo con i fondi elargiti dal Comune di Viterbo (visto che la Provincia con l’entrata in vigore della legge Delrio è stata spogliata delle competenze culturali e non ha potuto più contribuire alla vita e alle attività programmate) è uno schiaffo alla logica. Dunque, è assolutamente positivo che la convenzione sottoscritta con la Regione sia immediatamente operativa. Dà sicurezze a chi ci lavora e dà certezze ai cittadini che sanno di avere un punto di riferimento solido nell’offerta culturale di Viterbo e della provincia.

Detto tutto questo e riconosciuti i legittimi meriti a chi ha saputo tener botta con pochi mezzi, ma riuscendo comunque a fare produzione di cultura di elevato livello, va ampliato il discorso su come Viterbo sa porsi di fronte a queste problematiche. Bisogna rendersi conto (e operare di conseguenza) affinché le proposte siano le più ampie possibile. Non basta, non può bastare l’offerta di Caffeina che è uno straordinario contenitore (forse anche troppo ampio per il periodo abbastanza breve in cui si concentra) perché negli altri mesi l’offerta e le proposte non sono adeguate alle attese. Qualcosa potrà e dovrà cambiare con l’entrata in funzione del teatro Unione. magari auspicando forti sinergie tra tutti gli attori che operano nel settore. Come pure, bisognerebbe capire che succede con il genio che, quando se finalmente sarà riaperto, non potrà essere solo un cinema, ma dovrà aprirsi ad altre attività. Altrimenti l’impresa non sarà sostenibile dal punto di vista economico e quindi destinata prima o poi a declinare.

Insomma, c’è necessità di interrogarsi su quello che si vuole e su come bisogna farlo. Servono idee, proposte, contributi ad ampio spettro. La cultura, nel senso più completo del termine, è partecipazione (esattamente come la libertà di Giorgio Gaber): di certo non può essere chiusura in recinti ristretti. Altrimenti diventa élite e privilegio di pochi. E questo sarebbe il guaio peggiore.

Buona domenica.

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