26042024Headline:

La politica indichi il progetto per il Paese

Enrico Letta

Enrico Letta

Anche la creatività, il coraggio, la forza di volontà hanno un limite e rischiano di doversi arrendere di fronte alla paralisi dell’azione politica, alla quale tocca creare le condizioni di contesto in cui operano le imprese. Le parole forti pronunciate dal presidente Confartigianato, Giorgio Merletti, durante l’assemblea pubblica tenutasi nei giorni scorsi a Roma diventano appello accorato rivolto al Governo italiano.

Da novembre 2011 abbiamo avuto 18 mesi di Governo tecnico “supplente”, poi un estenuante “stallo alla messicana”, uno sterile duello in cui le forze politiche si sono tenute sotto tiro a vicenda. Nel frattempo la difficoltà economica è divenuta disagio sociale, arrivando anche a generare disperazione. In questi 600 giorni (da novembre 2011 a oggi), il sistema produttivo ha perso 60 mila imprese, la disoccupazione giovanile è cresciuta di oltre 8 punti, il Pil è calato del 3,4%, la pressione fiscale è aumentata di quasi 2 punti e il credito alle imprese è diminuito di 65 miliardi.

La forma mentis imprenditoriale non è portata al lamento e al compatimento: qualsivoglia imprenditore è, per sua stessa natura, portato a rimboccarsi le maniche e affrontare le difficoltà trovando soluzioni innovative e vincenti. Il nostro è un Paese che ha sempre saputo sfruttare la sua risorsa più ricca: la capacità d’ingegno, l’intelligenza e la creatività di quanti fanno impresa, creando posti di lavoro e contribuendo allo sviluppo economico e sociale. La paralisi dell’azione politica di questi ultimi due anni, però, ha portato allo stremo i nostri imprenditori, i nostri artigiani, che hanno fatto il possibile per non cedere sotto i colpi della recessione e che, ora, pretendono che torni il tempo della responsabilità di chi ha il compito di guidare l’Italia, in modo consapevole e rispettoso del mandato assunto nei confronti degli italiani.

I nostri imprenditori loro responsabilità se la assumono ogni giorno nel compiere il loro dovere, impegnandosi per contribuire a quella ripresa che sanno arriverà. Ma adesso “tocca a voi”, tocca al Governo, tocca al Parlamento, tocca alla politica.

“Adesso tocca a voi” è l’appello lanciato con il manifesto proposto e presentato un mese fa da Rete Imprese Italia, un’iniziativa già sottoscritta da migliaia di imprenditori che, insieme alle famiglie, ai cittadini e ai giovani, non ne possono più di promesse non mantenute, di impegni non rispettati, di norme fatte e disfatte, di troppe leggi che non producono effetti o che addirittura danno risultati opposti a quelli auspicati.

«Dicendo “tocca a voi” non intendiamo sottrarci alle nostre responsabilità di imprenditori e parti sociali. Al contrario, chiediamo che la politica costruisca e indichi un progetto di futuro per il Paese, un obiettivo comune su cui lavorare. È il momento di agire sul fronte del fisco, della burocrazia, del credito e del lavoro. Basta leggere il 13° rapporto sull’economia della Tuscia viterbese per rendersi conto che non c’è più tempo per indugiare, trincerandosi dietro scuse».

Secondo l’Osservatorio economico provinciale infatti, la morsa che ha attanagliato il sistema produttivo italiano nei recenti anni di recessione economica ha causato pesanti ripercussioni sui sistemi economici locali, come quello della provincia di Viterbo, che hanno sperimentato le conseguenze di una crisi che si è andata acuendo facendo leva sugli elementi di maggiore debolezza del proprio modello di sviluppo. Nel periodo che va dal 2009 al 2012 la produzione e il volume d’affari delle imprese della provincia si sono ridotti complessivamente di circa un terzo. Gli imprenditori artigiani sono sicuramente la categoria più duramente colpita con una riduzione del giro di affari ridotta del 10,1%. Nel 2012 le imprese attive sono risultate in calo dell’1,1% rispetto all’anno precedente e, nello specifico, sono i settori agricolo, manifatturiero e delle costruzioni quelli più toccati, con una riduzione del 2%.

Un tessuto imprenditoriale come il nostro, costituito per il 72% da ditte individuali di piccole e medie dimensioni ha risentito fortemente del clima di persistente e pervasiva difficoltà. I dati dell’osservatorio parlano da soli. Se poi aggiungiamo l’aumento della disoccupazione, che tra il 2008 e il 2012 in provincia è risultato pari al 34,1%, e l’atteggiamento eccessivamente prudente degli istituti creditizi viterbesi, il quadro si fa a dir poco drammatico.

I margini per la ripresa però ci sono e se il 2013 non sarà l’anno della ripresa, con una direzione politica che miri a creare i presupposti ideali, dal 2014 le gambe dell’Italia torneranno a condurre fieramente il Paese. si può cambiare, si può invertire la tendenza degli ultimi anni e lo si può fare solo sotto una comunione di sforzi e d’intenti che deve necessariamente da una presa di coscienza del nostro Governo e, di conseguenza, dalla creazione di condizioni di “normalità” per le attività imprenditoriali. L’aspetto più preoccupante che la crisi ha portato in risalto è la perdita di prospettive del futuro, lo smarrimento generale che ha colto gli individui. Questo effetto collaterale della crisi e dell’incapacità di comprenderla come un malessere di tutto il sistema economico e sociale, è il primo fattore da contrastare. Per farlo, però, oltre a contrastarne gli effetti, occorre scendere in profondità e riaccendere il motore che dà energia e forza a tutto il sistema Paese.

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