27042024Headline:

La vecchia dirigenza s’è (quasi) arresa

Piero Camilli

Piero Camilli

Lunedì saranno quattro mesi. Quattro mesi di apnea, in attesa del giorno del giudizio, dell’Armageddon che libera tutti e che salva solo le anime buone. Oggi quel giorno potrebbe anche essere arrivato, per le coscienze pulite – le uniche – dei tifosi della Viterbese. Coloro i quali dopo quel giorno, dopo quel primo marzo di dimissioni del presidente Graziani e del di lui vice Vestri, hanno preso in mano la situazione. Cacciando i soldi, raccogliendo i soldi, allestendo collette per garantire alla squadra la sopravvivenza, ospitando persino i giocatori nelle loro case. E la sussistenza. Attraverso le collette dei sostenitori, e attraverso i biglietti dello stadio pagati dagli stessi costenitori, il gommone gialloblu è arrivato a destinazione. Roba che se questa solidarietà, questa filantropia de’ noantri, si verificasse pure a Lampedusa, o a Pantelleria, il problema degli immigrati clandestini sarebbe una bazzecola, per l’Italia e per gli italiani.

Oggi, lo stesso cuore grande della gggente batteva solo per un uomo, tale Mario Corinti. Cioé il responsabile del settore giovanile gialloblu che di buona mattina ha preso ed è partito per Roma, in sella alla sua Harley Davidson – con una settimana di ritardo rispetto al mega raduno europeo delle moto di Milwaukee che si è tenuto proprio nella capitale – per cercare di salvare la baracca. Nel senso del vivaio, ma anche della prima squadra. Portava con sé, il Corinti, le lettere di rinuncia alla gestione del campo sportivo da parte della As Viterbese, nonché la rinuncia all’iscrizione al prossimo campionato di serie D. I nulla nosta indispensabili, insomma, per liberare il campo dai detriti della mala gestione che fu, e per garantite l’avvento di Piero Camilli da Grotte di Castro. L’uomo che tutta la Viterbo calcistica aspetta e sogna e invoca da anni.

Corinti avrrà bruciato un paio di frizioni, con il suo destriero nel caldo romano. Sballottato di qua e di là, dal centro a Pomezia, da San Giovanni alla borgata, per raggiungere colui che doveva firmare il firmabile. Traffico, afa, smog, semafori, e intanto le chiamate insistenti dei cronisti rompiscatole. E dei tifosi, per carità, che aspettavano raccolti in preghiera allo stadio, sotto l’ombra dell’immortale curva nord. Eppure, la fine di questo inferno, di questo calvario lungo quattro mesi e soffertissimo, dipendeva solo da lui, dal Corinti benedetto. Lo avevano capito da un pezzo anche i disturbatori, i frustrati, quelli che fino alla fine hanno provato a piazzare trappole e trabocchetti sul suo percorso. E’ stata una corsa ad ostacoli, intendiamoci. Perché ai Grandi Sconfitti non andava giù il fatto che la Viterbese morisse e che arrivasse il Comandante Vincente Camilli. Perché il sindaco Michelini è nuovo e non sa quello che c’è da sapere. Perché intorno alla Viterbese sopravvivevano, assieme ai debiti, interessi e prebende, ultimo fortino del potere da non lasciare agli indiani. Tutto comprensibile, per carità, in un Paese come questo, in un pallone come questo. E intanto t’immagini il sor Corinti, con il suo fido cavallo, che galloppava dentro Roma portandosi sulle spalle il peso di tutte queste cose, mentre l’Italia arrembava contro la Spagna in quel paradiso brasiliano di Fortaleza.

E’ finita. Mancano solo i dettagli per il trasferimento della Castrense nel capoluogo. Formalità, ormai, dopo che il più è stato fatto. Ci sono voluti quattro mesi, ci sono voluti i soldi e la passione dei tifosi, ci sono volute le elezioni. Ma senza fatica e senza sacrificio nessuna impresa è possibile, anche nel calcio, soprattutto nel calcio. Come nella vita, ragazzi.

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