26042024Headline:

Il calo del Pil e le polemiche del M5S

 

Beppe Grillo

Beppe Grillo

Inaspettatamente, il Pil è calato dello 0,1%: la borsa è crollata, lo spread è schizzato e molti commentatori si sono sbilanciati in infauste previsioni.

Io sono un ingegnere che si occupa di efficienza energetica, non un economista, e con molta umiltà penso che un calo del Pil abbia ripercussioni principalmente su due fattori: una diminuzione delle entrate fiscali e una tendenza al calo dell’occupazione.

Senza voler trascurare l’importanza del primo fattore, vorrei commentare le ricadute sull’occupazione, di gran lunga il problema principale in Italia. Per far ciò mi baso su quanto scrive il Sole 24 ore di venerdì 16. Attingendo evidentemente a dati Istat più dettagliati, il Sole evidenzia come il Pil sia cresciuto in agricoltura (a conferma del traino del settore), rimasto stabile nei servizi, e calato nell’industria; ma all’interno dei settori industriali, mentre è calato nelle costruzioni e in particolare nel settore energetico (-9%), è invece aumentato nel settore industriale forse più importante per l’occupazione: + 1,7% nel manifatturiero.

Quindi, a parte il grande problema delle costruzioni, abbiamo prodotto più beni e consumato meno energia. Questo può avere diverse spiegazioni: l’andamento climatico, la diffusione di apparati a risparmio energetico e, purtroppo, anche la difficoltà delle famiglie a pagare le bollette. Ma io ritengo che finalmente l’industria manifatturiera abbia iniziato a migliorare la propria efficienza energetica, producendo di più con meno energia, che, come sappiamo, è quasi tutta importata.

Questo è un fatto molto importante e positivo; la diminuzione dei costi energetici può avvenire quindi, con maggiore efficacia, riducendo le quantità consumate per unità di prodotto. La convenienza è molto maggiore del risparmio ottenibile con la riduzione dei costi unitari. In sostanza quindi, l’andamento negativo del Pil del 1° trimestre non è uno sfacelo.

Possiamo quindi fare alcune considerazioni:

1 – Mentre un calo dei consumi energetici ha minime ripercussioni sull’occupazione, ne ha di molto positivi un aumento del fatturato dell’industria manifatturiera; quindi il -0,1% del PIL non è così grave;

2 – I consumi energetici erano considerati un valido indicatore dell’andamento dell’economia; oggi non è più così. Anzi, possiamo dire che le nostre industrie meno energia per unità di prodotto consumano più sono competitive (senza cercare riduzioni degli stipendi degli operai);

3 – Il Pil non è un valido indicatore per l’andamento dell’economia, come dicono anche diversi economisti premi Nobel (ma lo disse Bob Kennedy nel 1968, 3 mesi prima di essere ucciso).

Se poi il Governo finalmente darà attuazione alla direttiva europea sull’efficienza energetica degli edifici pubblici, che oggi sono tanti colabrodo energetici che sprecano un mare di denaro, anche il settore delle costruzioni potrà crescere.

Ma debbo anche sottolineare: il M5S non era l’unico soggetto politico che aveva nel suo programma l’adesione ai principi del Movimento per la Decrescita Felice di Pallante (del quale faccio parte), che ritiene il Pil un indicatore fasullo del benessere di una società? Più volte in dibattiti il M5S è stato attaccato per questa convinzione, soprattutto da chi non ha neanche fatto lo sforzo di capire cosa significa.

Perché allora, nel sottotitolo di un articolo di commento al Pil, Grillo ha scritto sul suo blog: “Mentre Renzie il bamboccio va in giro per l’Italia a raccontare balle nonostante le continue contestazioni, l’economia italiana affonda”?

È proprio vero che, per fare polemica elettorale, si passa sopra ai propri principi, anche da parte del M5S.

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