27042024Headline:

Chi vuole una stazione “impresenziata”?

stazioneE poi ci sono quei luoghi dal passato glorioso e dal quotidiano inconsistente. Terre di mezzo. Costruite da chissà chi. Patrimonio di tutti. Calpestate da nessuno. Affascinanti. Spettrali. Avvolte dalla vegetazione. Visibili di tanto di tanto attraverso i finestrini di un’auto, durante un viaggio. O semplicemente ubicate a due passi dal paese, ma tagliate fuori dalla movida. Dinosauri di cemento, abbandonati ad un destino in solitaria.
Nel bello Stivale, attraversandolo su rotaia, si incontrano ben 1700 stazioni non presenziate. Rettangoli dove al personale è stata preferita una biglietteria automatica. E dove la sala d’attesa si è trasformata in un buco nero. Monumenti a cielo aperto ricoperti di polvere. Di proprietà del gruppo Fs. Impoverito dalla crisi, dalla mala gestione e dalla modernizzazione. Al punto tale che, seppur a malincuore, ha deciso di concedere i casermoni in comodato d’uso gratuito. Meglio regalarli che vederli morire, in parole povere. Poiché privi di sviluppo commerciale e quindi tagliati fuori dal folle mercato globale. Il termine tecnico è “stazioni impresenziate”. In sostanza, l’evoluzione tecnologica interna ha messo in secondo piano la cortesia e le uniformi. Ed ecco quindi l’idea da parte di Ferrovie dello stato, di convertire, al fine di mantenere quantomeno in vita, il patrimonio immobiliare.
Ne parla su “design.fanpage” la giornalista Clara Salzano. “Le impresenziate – scrive – costituiscono, allo stesso tempo, un problema e un’opportunità. Risultano infatti spesso scomode, sgradevoli e insicure per i passeggeri. Impongono inoltre costi notevoli per la manutenzione ordinaria e straordinaria. Si prestano però ad un uso sociale potenzialmente molto interessante per le amministrazioni locali e le varie realtà dell’associazionismo”. Da questa consapevolezza è nato il progetto di locazione. Nel quale agli affittuari si chiede il solo impegno a mantenere lo stabile pulito e funzionante.
Ottimi i primi risultati. Sono infatti già 480 gli stabili occupati. Per un periodo che va dai 5 ai 9 anni. E che permette quindi di ammortizzare le spese iniziali di ripristino.
In virtù di quanto appena scritto viene immediatamente da pensare al viterbese. Ricchissimo di tali apparati. Dislocati oltretutto su diverse linee guida. Quella interna provinciale. La folle mussoliniana Roma nord. Il serpentone che porta verso il mare. L’anello di congiunzione con l’Umbria. Praticamente ogni pinzo della Tuscia ha la sua adozione già bella e pronta. Basta presentare un progetto a Fs e armarsi di buona volontà.
Una seconda opportunità, in fin dei conti, non va negata a nessuno.

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