27042024Headline:

In Italia i processi non finiscono mai

L'avvocato Giovanni Bartoletti

L’avvocato Giovanni Bartoletti

Imputato don Abbondio, si alzi, magari evitando i vasi di ferro. Imputato dottor Azzeccagarbugli, si alzi anche lei ma niente latinorum, per favore. Sì, alzatevi, ma non in nome del popolo italiano – giacché in pieno Seicento l’Italia era ancora di là da venire – ma in nome di questo tribunale particolarissimo che si riunirà, una tantum, stasera dalle 21.30 nella sala Benedetti della Provincia, in via Saffi. Dove si celebrerà un processo clamoroso, altro che quello ad Andreotti, altro Amanda e Raffaele: sul banco degli imputati siederanno infatti due protagonisti di spicco de I Promessi Sposi, il capolavoro di Alessandro Manzoni. Il parroco di campagna e l’avvocato intruglione: Abbondio e Azzeccagarbugli, appunto. Per la serie: in Italia i processi durano troppo.

L’idea, piuttosto geniale, nasce per offrire un gustoso intermezzo ai partecipanti del convegno nazionale del Lapec (Laboratorio permanente esame e controesame) e giusto processo, che si terrà oggi e domani in città, e che avrà il suo culmine domattina con l’evento principale nella Sala regia del Comune di Viterbo, con al centro dell’attenzione le linee guida da applicare al processo penale.Il tutto organizzato dal responsabile viterbese del Lapec e del Giusto processo, il dinamico avvocato Giovanni Bartoletti.

Dopo il sacrosanto buffet – l’attività giuridica, si sa, è ottimo digestivo – i migliori penalisti italiani si destreggeranno nella missione impossibile: valutare quanto il Don e il Dott siano colpevoli (o innocenti) dei reati a loro ascritti. Vale a dire: diffamazione continuata in concorso (articoli 81, 110, 595 del codice penale). O meglio, più prosaicamente: “Per avere, in concorso tra loro, comunicando con più persone a mezzo di romanzi, testi scolastici, saggi letterari, sceneggiati televisivi, offeso la reputazione dei prestatori d’opera intellettuale, utilizzando la conoscenza ed il sapere, non a difesa della giustizia, e dei deboli, ma a servizio della iniquità e dei potenti”.

Nel dettaglio, don Abbondio è accusato “di aver ricevuto Tramaglino Lorenzo (o, come dicevan tutti, Renzo, ndr) in una stanza con una parete coperta da un grande scaffale di libri vecchi e polverosi, con in mezzo una tavola gremita di allegazioni, di suppliche, di libelli, di gride. Con l’aggravante di avere indossato nell’occasione come veste da camera una toga consunta”. Reato avvenuto a Lecco e dintorni (quel ramo del lago Como) dal 1600 ad oggi. L’Azzeccagarbugli, invece, finisce alla sbarra “per avere utilizzato con Tramaglino Renzo il latinorum, enunciando e contestualmente contando sulla punta delle dita gli “impedimenti impedienti: error, conditio, votum, cognatio, crimen, cultus disparitas, ordo, ligamen, honestas, si sis affinis…”. Con l’aggravante di non sapere chi fosse Carneade. L’accusa sarà sostenuta da Andrea Mascherin e la difesa da Ettore Randazzo e Valerio Spigarelli, avvocati di fama nazionale.

E chissà che questa rappresentazione così fatua eppure così seria non arrivi ad una sentenza definitiva su questa storia che va avanti da secoli: Abbondio e Azzeccagarbugli assolti per non aver commesso il fatto, Promessi Sposi condannati per aver massacrato migliaia e migliaia di studenti italiani. Un’arma d(‘)istruzione di massa, insomma.

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