Chissà se il Grande Istriano si sarebbe mai immaginato che un giorno, in pieno terzo millennio, dei ragazzotti dai capelli a banana (o “a bora”, come diceva qualcuno) e dai vestiti molto fighi, avrebbero cantato la sua canzone. Già, 53 anni dopo, e tanta acqua sotto i ponti, i Dear Jack hanno eseguito la sua “Io che amo solo te” sul palco dell’Ariston, quello stesso palcoscenico che tributò a Sergio Endrigo (Pola 1932, Roma 2005) i più affettuosi applausi.
Una scelta audace, quella della band per quattro quinti viterbese, e già lo si capisce dalla faccia stralunata dell’Arisa (ma che vuoi pretendere, se ti chiami Rosalba Pippa?) al momento di introdurli. E invece, dieci e trequarti della sera, con l’occhio che s’abbiocca e il dito che spingerebbe per vedere Santoro o al limite Virus su Raidue, Alessio, Alessandro e compagnia ci danno che ci danno che ci danno.
La cover – nella serata del festival di Sanremo dedicata alla rivisitazione di brani originali altri – funziona. Soprattutto se paragonata ad altre ascoltate prima o dopo, roba da far rivoltare i cadaveri nelle tombe e inaugurare un’altra Alba dei morti viventi. Loro invece vanno in scioltezza, merito degli arrangiamenti, della chitarra che spacca, del modo di stare sul palco. E di quel tocco finale – studiatissimo, s’intende, perché in Riviera niente è improvvisato – con i fiori sanremesi regalati alle prime file della platea. Un gesto da gentiluomini d’altri tempi, tanto da far incacchiare persino Carlo Conti (evidentemente reduce dalla vittoria della Coppa d’Africa con la maglia della Costa d’Avorio, conferma l’abbronzatura), che sbotta: “Guarda che quella è mia moglie”. Risatona, ona ona.
E comunque: alla fine della fiera, i più votati del turno non sono proprio loro, i9 Dear Jack. Alla faccia di Platinette., tie’.
Curiosità per i morbosi: in settimana il Corriere dello sport, bibbia laica dei dipendenti da pallone, è andata a chiedere ai protagonisti del Festival per quale squadra di calcio tengano. E i Dear nostri che rispondono, per bocca del bassista Alessandro Presti: “La maggioranza di noi è gobbo, nel senso che tifa Juve, ma abbiamo anche un laziale e un tifoso della Corneto Tarquinia”. Squadra di Promozione laziale, grande protagonista dei campionati regionali negli ultimi anni. Un pizzico di campanilismo che non guasta mai: alè Corneto, alè Dear Jack. Perché domani è la finale, mica del campionato ma di Sanremo.