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Cuzzoli e Cortellessa, trentacinque anni fa

L'11 agosto 1980 l'eccidio di Ponte di Cetti. Oggi la commemorazione

I rilievi della scientifica poco dopo la strage

I rilievi della scientifica poco dopo la strage

Oggi ricorre il 35esimo anniversario dell’eccidio di Ponte di Cetti, in cui i terroristi di Prima linea uccisero due carabinieri, l’appuntato Ippolito Cortellessa e il brigadiere Pietro Cuzzoli. In mattinata si terrà una cerimonia di commemorazione alla presenza delle più alte autorità civili e militari della provincia, proprio nel piazzale della frazione, ai piedi della targa che ricorda il sacrificio delle due medaglie d’oro al valore militare. La moglie di Cortellessa, Beatrice Principe, è scomparsa esattamente un mese fa, a Roma, all’età di 76 anni.
Per onorare la memoria di questi due servitori dello Stato ripubblichiamo un articolo uscito su Viterbopost l’11 agosto del 2013, in occasione dei 33 anni dalla strage.

Cuzzoli e Cortellessa in servizio (foto Massimo Luziatelli)

Cuzzoli e Cortellessa in servizio (foto Massimo Luziatelli)

Trentatre anni fa, l’11 agosto. L’Italia ancora trema per il Grande Botto della stazione di Bologna. L’Alfa 1800, la Gazzella, è sulla strada, come sempre. A bordo, l’appuntato Ippolito Cortellessa, cinquant’anni e due figli, una vita nell’Arma, in Toscana e in Sardegna, a Tuscania e a Scauri, prima di arrivare a Viterbo, e di passare al nucleo radiomobile, lui che ha pure la qualifica di “autista di mezzi veloci”. Fa coppia con il brigadiere Pietro Cuzzoli, che di anni ne ha venti di meno, viene da Caprarola, e ha una bambina di cinque anni. Sono affiatati, professionali, disponibili: c’è una foto meravigliosa, scattata da Massimo Luziatelli, allora giovane cronista de Il Messaggero, che li ritrae in piedi, impettiti, fieri con la divisa ben stirata.

La radio della Gazzella gracchia. C’è stata una rapina. E’ lunedì, la settimana di Ferragosto comincia male. Hanno ripulito la banca del Cimino, in via del Pilastro. Viene diffuso l’ordine di ricerca, con l’identikit sommario di alcuni giovani.  Cuzzoli e Cortellessa battono la Cassia, in direzione Vetralla: una delle vie di fuga possibili. In mezzo alla campagna, a Ponte di Cetti, c’è uno spiazzo: il bar tabacchi, due case. La Gazzella si ferma. Ci sono tre giovani che stanno salendo sull’autobus dell’Acotral. Vestiti bene, hanno grandi borse sportive. Cuzzoli chiede i documenti. Uno fa per cercarli, ma estrae un’arma e spara al carabiniere. Breve colluttazione, Pietro è ferito ma lotta e colpisce il primo assalitore, Ippolito prova ad aiutarlo, ma gli altri sparano anche a lui, e poi li finiscono entrambi.

Rapidi, freddi, spietati: così uccidevano quelli di Prima linea, l’ultimo rigurgito del terrorismo, più sanguinari e folli delle Brigate Rosse. Avevano scelto quella tranquilla banca di provincia per una “rapina di autofinanziamento”, una ridicola definizione rivoluzionaria per quello che è un reato da delinquenti comuni.

Poi la fuga, rubando un’auto ad un avventore del bar (il maestro Alessio Paternesi, il primo a chiamare i soccorsi) e correndo lungo la Cassia, dove faranno perdere le loro tracce dopo essersi nascosti in un casolare, tenendo in ostaggio un’intera famiglia per alcune ore. Bisognerà aspettare ancora parecchio prima di vederli in manette: traditi dai loro stessi compagni, dai pentiti che aiutarono lo Stato a sconfiggere Prima Linea e il terrorismo in generale.

La targa commemorativa a Ponte di Cetti

La targa commemorativa a Ponte di Cetti

E Cuzzoli, Cortellessa? Il loro ricordo non è stato sconfitto dal tempo, né dai tentativi a volte ridicoli e volte vergognosi, di rivisitare gli anni di piombo. Ci furono i funerali, con la camera ardente aperta al pubblico a palazzo dei Priori. Hanno avuto la medaglia d’oro al valore militare, strade e caserme e persino tornei di calcio dedicati. Ieri mattina, come ogni anno, le autorità hanno portato fiori alla targa di Ponte di Cetti. C’è stato anche un processo, proprio qui a Viterbo: i terroristi in due gabbie nell’aula del vecchio tribunale, gli avvocatoni, scene di dolore e altre di arroganza. Un finale che non vale la pena neanche ricordare; vale la pena ricordare, invece e ancora, Cuzzoli e Cortellessa in quella foto. In piedi, con la divisa ben stirata, fieri di servire l’Italia.

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338   Commenti

  1. paolo bozzi ha detto:

    Ero solo un bambino di 6 anni… il figlio di Cortellessa era un mio amico di giochi a Villanova …. mi ricordo come ieri questa tragedia che sconvolse la nostra citta…. ogni volta che passo da quel posto il mio pensiero va a questi eroi quotidiani ed alle loro famiglie….

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