Il nome scelto (Unità d’Italia a tavola) è un po’ troppo altisonante. L’intento più lodevole: festeggiare i 150 anni della riunificazione dello Stivale attraverso i prodotti tipici presentati dalle regioni. Tre giorni (da venerdì a ieri) davanti all’ex chiesa degli Almadiani: manca proprio il Lazio, ed è assenza grave nella tappa viterbese della kermesse itinerante. Comunque ne sono presenti 11 ed è uno spaccato abbastanza significativo delle tipicità che si possono apprezzare e degustare in ogni angolo del Bel paese. Dalla minuscola Val d’Aosta alla Sicilia, dalla Lombardia alla Puglia, dal Trentino Alto Adige alla Calabria; e ancora Umbria, Emilia Romagna, Sardegna, Piemonte e Toscana: 11 su 20. Non è il massimo, ma nemmeno un risultato disprezzabile.
La curiosità maggiore arriva dallo stand di Bard, minuscolo paesino valdostano di appena 135 abitanti che comunque dal 2012 fa parte del circuito dei Borghi più belli d’Italia. Molti formaggi illustrati con dovizia di particolari da una prosperosa signorina e soprattutto una discreta selezione di grappe e distillati alpini che varrebbe la pena di provare. Ma non si può: ci si deve fidare della parola, mentre i caci sono disponibili per l’assaggio. Un salto di un migliaio di chilometri e si arriva in Puglia con un espositore di Noicattaro (provincia di Bari): taralli e olive di ogni specie, friselle e una quantità indescrivibile di frutta essiccata, che non è esattamente una specialità del tacco d’Italia. Prezzi un po’ troppo alti, ma sulla qualità non c’è nulla da dire: fidatevi.
Tanti formaggi anche nel banchetto della Val Camonica, una delle poche zone ancora incontaminate della Lombardia: bene quelli freschi e morbidi, un po’ meno quelli offerti come stagionati (che invece avrebbero bisogno di asciugarsi ancora per qualche mese). Arrivano da Messina i giovanotti siciliani: vini abbastanza scontati, salumi discreti ma non eccezionali, qualche buona proposta nel settore dei formaggi. E comunque ci sanno fare: utilizzando metodi da suk arabo chiamano a raccolta i visitatori sparpagliati e riescono a concludere qualche buon affare. La sensazione che si coglie è che chi si avvicina abbia idee assai chiare e sappia in anticipo che cosa acquistare. Al bancone dei toscani di San Gimignano, un signore attempato chiede un po’ di vero pecorino di Pienza: quello in assaggio non deve essergli risultato particolarmente gradito. I due venditori capiscono l’antifona e tirano fuori una formetta intonsa con tanto di marchio stampigliato sopra. L’acquisto si conclude con reciproca soddisfazione.
Da non perdere la classica soppressata calabrese che arriva da San’Agata d’Eraso (in provincia di Cosenza): i due commercianti garantiscono di averla confezionata con le loro stesse mani. Non si ha la possibilità di verifiche, naturalmente, ma il sapore è perfetto. Anche in questo caso, affluenza ottima per gli assaggini, non esaltante gli acquisti anche in virtù di prezzi non particolarmente a buon mercato. Due gli stand umbri: quello di Perugia con molte qualità di cioccolato (Eurochocolat ha fatto proseliti…) e uno di Agello (zona lago Trasimeno, ma in collina) con proposte abbastanza interessanti di salse, soprattutto al tartufo.
Rapido saldo a nord per alcune novità, almeno per le latitudini viterbesi, che arrivano dal Piemonte, esattamente da Villafalletta (in provincia di Cuneo): c’è il salame realizzato con carne di asino e quell’altro aromatizzato al barolo. Buoni tutti e due, ma non eccezionali sinceramente. Va meglio con la Sardegna (provenienza Porto Torres): i vini sono conosciuti e non hanno bisogno di ulteriori lodi, il pane carasau anche. Bene anche i salumi per una terra che non è particolarmente famosa per questo tipo di produzione. E va ancora meglio in questo campo con le specialità emiliane che arrivano da Reggio Emilia, terra di mortadelle, prosciutti, salami. Sarebbe anche la zona del parmigiano reggiano, del quale però non si vede traccia. Misteri…
La sintesi? Niente di eccezionale: poche le proposte davvero di qualità, il resto abbastanza comune rintracciabile in un qualunque supermarket ben fornito. La risposta dei viterbesi non risulta eccezionale, anzi è piuttosto distante dalle attese: soprattutto ieri mattina, in molti hanno preferito la gita fuori porta, soprattutto in direzione mare. Se proprio si voleva celebrare l’Unità d’Italia attraverso l’enogastronomia, sarebbe stato preferibile scegliere il “food street”, cioè il cibo di strada. E poi il Lazio assente in una piazza di Viterbo è carenza grave. Comunque la kermesse continua il suo lungo tour lungo lo Stivale: buona fortuna.