Sempre più grave la situazione delle lavoratrice all’interno dei grandi centri commerciali. “Il 90% delle vertenze di lavoro vengono fatte dalle donne – afferma Luca Paolocci, dell’Usb di Viterbo -. Di questa percentuale, la stragrande maggioranza sono neo mamme. Le lavoratrici che si avvicinano al sindacato lo fanno perché chiedono quali sono i loro diritti, essendo all’oscuro su ogni forma di tutela. Ad esempio, una donna che è appena diventata mamma non può fare il lavoro notturno, c’è anche il congedo ad ore e il genitore può prendere un congedo su base oraria fino ai dodici anni di età del figlio. Si tratta di tutele stabilite dalle normative vigenti”.
Le madri, però, all’interno dell’azienda in cui lavorano non vedono i loro diritti riconosciuti e soprattutto non c’è nessuna forma di aggregazione con le altre lavoratrici. Le varie tipologie contrattuali, presenti nella grande distribuzione, attuano, volutamente, una diversificazione tra i lavoratori in modo che questi non si possano unire per contestare nulla. Ognuno difende il suo lavoro e il proprio stipendio minacciato, in continuazione, dal forte turn over di manodopera: ci sono 47 tipi di contratti che possono essere applicati.
“Le lavoratrici – spiega Paolocci – sono sole perché hanno subito un percorso destrutturale dei contratti, da anni e anni di rinnovi vergognosi a causa di uno svuotamento sindacale, mai visto prima. Dagli anni Ottanta ad oggi se si guardano i contratti collettivi nazionali che si sono firmati con il commercio, questi si sono sempre più impoveriti di diritti a favore della flessibilità. Il lavoratore per poco più di dieci euro, tassati, consegna la propria flessibilità oraria nelle mani del datore di lavoro”. “I sindacati – aggiunge – non agiscono più per tutelare i lavoratori. E soprattutto i rappresentanti sindacali aziendali che dovrebbero formare e istruire il lavoratore, da tempo, non svolgono più questa attività, proponendo un modello di lotta e conflitto con i padroni. Le lavoratrici arrivano all’azione di vertenza completamente sole. Senza nessun aiuto o consapevolezza della propria condizione, ormai sfruttate e prive di dignità. E la vertenza, cioè la causa che si fa al datore di lavoro rappresenta la fine del rapporto”.
“Bisogna informare, relazionarsi, fornire elementi – conclude Luca Paolocci – che possano ridare dignità al lavoro e alle lavoratrici. Bisogna ritornare a combattere per i propri diritti. Un sindacato dovrebbe servire a questo”.