26042024Headline:

Martedì inquietologia

Controinformare, non controinfognare

L'informazione

L’informazione

Ma io dico tu, giornalista complottista, ricercatore controinformatore, devi proprio mettere nero su bianco qualsiasi stronzata che ti passa per la testa? Perché non ragionare un attimo prima di scrivere, perché non documentarsi un attimino prima di lasciare traccia imperitura del fatto che spari stronzate regalando un bonus smerdamento ai tuoi danni a generazioni di debunker a venire? Un po’ di furbizia basterebbe, facebook non è un bar, al bar non ti registrano quando le spari grosse.

Mai osare, mai insinuare cose che potranno “essere usate contro di te” in tribunale; perché non è che il ricercatore indipendente e il debunker partono alla pari, il debunker è il difensore della verità ufficiale designato dal governo e tu sei il pazzo che deve dimostrare all’opinione pubblica di non essere tale.
Ne consegue che quando tu complottista spari la minima cazzata questa ha una funzione autodistruttiva retroattiva, perché scriveranno: “guardate cosa dice colui che sosteneva che l’11/9 era un complotto!”, ed ecco che pure un lavoro serio di anni può andare a puttane, è un attimo.
Un esempio banale, che ho fatto anche riguardo le dimostrazioni degli animalisti; i bambini: evitate di tirarli in ballo a qualsiasi costo, è solo controproducente. Non spostate mai il dibattito su un bambino, perché è un tema troppo delicato (a livello comunicativo), è tabù e si rivela quasi sempre un autogol. Se c’è un bambino morto non mettetevi ad analizzare i dettagli della foto, vi metterete nei casini e soprattutto evitate di impacchettare bambolotti che sembrano bambini. Perché andare a impantanarsi coi bambini? Bambini NO.
Sul termine “complotto” riflettevo oggi: è stata talmente demonizzata e ridicolizzata che pure quando viene nominata in maniera del tutto appropriata su eventi della storia ufficiale suona assurda, improbabile, e questo è pazzesco, perché un termine tecnico atto a descrivere un fenomeno reale è stato praticamente cancellato dal vocabolario, reso una barzelletta, come se domani le parole “tradimento” o “ammutinamento” o “mafia” non avessero più alcun significato. Manca la parola per chiamare un qualcosa che esiste, e se non esiste più la parola non esiste più neanche quel fenomeno. E se sono riusciti a seppellirla è anche grazie alla vostra mancanza di pudore e autocensura.

La sindrome del debunker

“Complottista” è come il potere insegna ai sudditi dormienti a chiamare quei sudditi che casualmente si sono svegliati. È una parola vuota che non vuol dire assolutamente un cazzo di per sé ma che viene usata come comodo contenitore, o meglio gabbia, per ogni teoria più o meno provata che diverga da quelle ufficiali governative.
“Complottista” è quindi sinonimo di “folle paranoico che crede ai complotti”, a tutti senza distinzione, eppure vi svelerò un segreto: il complottista come tale nemmeno esiste; uno può infatti credere ai segreti dell’Area 51 ma non alle scie chimiche, al complotto dell’11 Settembre ma non ai rettiliani, a Kennedy ma non a Paul McCartney morto e così via. Perché ogni argomento è a sé e andrebbe analizzato indipendentemente e senza preconcetto alcuno, questo è il fatto.
Ma fa più comodo inserire ogni controteoria nel calderone complottista unico così da isolare i pensatori e ricercatori indipendenti con più facilità, marchiandoli con quell’aggettivo che è quanto di più antiscientifico e antistorico possa esistere e che tanto materiale può offrire agli umoristi senza fantasia del web.
La parola è ormai da un po’ di anni diventata di uso comune ma chi senza consapevolezza la pronuncia probabilmente non si rende conto della natura fascista e oscurantista che essa reca in sé, affermando in sostanza che: qualunque cosa dica il governo è vera, qualunque cosa lo contraddica è falsa. È un regime totalitario subdolo che fa sentire i suoi sottoposti intelligenti e li arma di ironia invece che di fucili ma il compito è sempre lo stesso, ridicolizzare e annientare il dissenso.
In effetti ormai il complotto dei potenti è, come qualche studioso serio ha fatto notare, un vero tabù storiografico, ed è un concetto talmente inconcepibile che manca la parola stessa che identifichi gli artefici! Mentre ce ne sono svariate per identificare coloro i quali riescano a riconoscerlo. Quella della cospirazione dovrebbe essere una normale ipotesi investigativa e invece è oggi ridotta a barzelletta già in partenza, che è un po’ come dire:”i potenti sono buoni, il contrario è inammissibile.”. Oppure si arriva ad obiettare che “un complotto dei potenti sarebbe perfetto, e il fatto che tu sia riuscito secondo te a scoprirlo dimostra che non c’è nessun complotto”, laddove i fatti non contano più ma c’è solo una precisa volontà di delegittimazione attraverso dei trucchi sofistici che denotano cattiva fede e che poi sono quelli sistematicamente usati dai più infami debunker e nemici del vero, senza fare nomi.

“chi controlla il linguaggio controlla il pensiero”:

– golpista = colui che attua il golpe
– cestista = colui che gioca a pallacanestro
– shampista = colui che pratica lo shampoo
– piastrellista = colui che mette le piastrelle
– trapezista = colui che si esibisce al trapezio
– corista = colui che esegue un coro
– analista = colui che esegue analisi
– barista = colui che lavora al bar
– complottista = colui che CREDE esistano i complotti

E sebbene l’italiano non sia certo una lingua povera di vocaboli e di sinonimi, da noi questa trappola semantica ha funzionato meglio perché in inglese esiste “conspiracy theorist” (il nostro “complottista”) – la definizione coniata dalla CIA negli anni ’60 – ma per indicare “colui che attua il complotto/cospirazione” esiste ovviamente “conspirator”. Due parole tuttora ben distinte. Da noi invece “complottista” è diventata la formula che teoricamente dovrebbe contenere due significati opposti (“colui che attua complotti” e “colui che crede esistano complotti”) e palesemente contraddittori fra loro, ma che nella pratica ne ha assunto solo uno, quello ormai unanimamente condiviso di “pazzo paranoico”.
Di fatto la lingua italiana, e quindi il pensiero italiano, non concepisce l’ipotesi che dei potenti possano ordire complotti, essendo la parola “complotto” sinonimo di fantasia paranoica, e ciò genera il famoso tabù storiografico.
Ecco che in quest’ottica la storpiatura dispregiativa “complottaro” sarebbe necessaria, il problema è che nel linguaggio comune “complottista” è già prettamente dispregiativo, a differenza ad esempio di “animalista” che è di per sé neutro.
Pur volendo ammettere il termine “complottista” inteso genericamente come “colui che va oltre le teorie ufficiali ed i mass media”, possiamo indivuarne due tipologie:

– il complottista costruttivo o complottista sano: vorrei un mondo migliore e questo oggettivamente è il peggiore, quindi cercherò di capirne le cause ed i meccanismi tecnici e divulgarli, affinché (utopisticamente) il mondo migliori ed io possa cessare di essere “complottista” e godermi la vita pensando ai cazzi miei.
Il complottista sano è un idealista, o volendo anche un patriota.

– il complottista patologico o deviato, ossia quello non mosso da ideali, a cui non interessa il miglioramento della società ma solo sentirsi alternativo a tutti i costi e che quindi arriva a cercare il marcio a tutti i costi e a trovarlo pure perché QUELLA è la sua unica passione, il suo motivo di vita e qualora dovesse venir meno si troverebbe perduto.
E quindi: “i potenti della terra hanno deciso di sfamare i poveri e donar loro una casa e un reddito minimo.” Svegliatevi! sono dei criminali e questo è tutto un piano per controllarci meglio, perché non volete capirlo? perchè? è il NUOVO ORDINE MONDIALE! e anche se il NUOVO ORDINE MONDIALE è migliore di questo noi siamo contro IL NUOVO ORDINE MONDIALE!

Volendo sintetizzare, il complottista costruttivo spera in cuor suo che abbiano ragione i debunker (anche se sa che non è vero), mentre il complottista patologico vuole avere ragione lui per sentirsi più sveglio e per fare questo arriva a sparare le cazzate più immani e a coprire di ridicolo l’intero “movimento”.

In una mente libera da dogmi il problema non si porrebbe, uno osserva i fatti e le evidenze chiare all’occhio e trae le sue conclusioni autonome anche usando l’istinto, facendo due più due, ma quel che accade normalmente è che lo spettatore venga forzato dalla violenza mediatica a deformare la sua percezione della realtà fino ad adattarla all’interpretazione governativa di essa. E questo avviene più a livello orale che visivo: una televisione può mostrare un’immagine e tradurla a voce col suo contrario; possono mostrarvi un gatto e dirvi di vedere un cane, e questa è un’altra loro arma. Essi sanno che lo spettatore ha abdicato da tempo alla sua capacità individuale di tradurre ciò che vede su un giornale e in tv e “vuole” essere guidato passo passo nel farlo, proprio perché teme la responsabilità del ragionamento e delle sue conseguenze sociali. Quindi il mass medium crea a tutti gli effetti la realtà che poi genererà il dibattito nell’opinione pubblica, non si ispira ad essa e né la interpreta secondo degli interessi.
Sembrano solo chiacchiere ma basta un esempio, il solito esempio banale, per dimostrare che questo fenomeno è reale, dato che esso vale soprattutto per crimini e attentati (false flag) ossia per quegli eventi dove ci sono delle vite in ballo e si spostano gli assetti politici di intere nazioni, e tutto avviene in base a ciò che un semplice telegiornale mostra alla folla, dato che quel telegiornale nel 90% dei casi è l’unico vincolo fra essa e la “realtà”.

Fulvio Venanzini

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