05052024Headline:

Dietro le sbarre di Belcolle c’è De Santis

Daniele De Santis

Daniele De Santis

Della brutta vicenda legata a Ciro Esposito ormai si sa praticamente tutto. La morte del giovane ultras, a seguito di quella folle sparatoria romana, riecheggia ancora nell’intero Stivale. Emblema di un movimento sportivo pallonaro che sarebbe da rivedere non solo nell’undici Nazionale. Ma anche, e soprattutto, nelle radici quotidiane legate alle tifoserie e alla politica (estrema) che entra letteralmente in campo.

Comunque. Oggi pomeriggio a Scampia i funerali del napoletano. L’appello dei familiari a chiudere qui la pratica. A non cercare vendetta. Perché significherebbe perdere due volte. E nel frattempo il presunto assassino, Daniele De Santis (detto “Danielino”, fede giallorossa e passato burrascoso) viene trasportato a Viterbo. A Belcolle. Per motivi, chiaramente, legati alla sicurezza. Il policlinico Umberto I di Roma non dà sufficienti garanzie in questo senso.

Il De Santis è bloccato in ospedale da quel giorno lì, il 3 di maggio. Finale di Coppa Italia. Dopo i suoi colpi di pistola, la rincorsa all’uomo ed il pestaggio. Gira voce ci possa rimettere una gamba.

Al che però il dubbio che sale è un altro: perché proprio Viterbo? Belcolle è una struttura molto in discussione negli ultimi tempi. Tra Pronto soccorso in panne e personale ridotto all’osso. Come mai? In verità all’interno del mostro di cemento piazzato verso San Martino da una decina di anni troneggia un reparto silenzioso ma incredibilmente all’avanguardia. Ce ne sarebbero tre, al massimo quattro, in tutta Italia. L’accesso è situato di lato all’edicola dei giornali. Telecamere, cartelli intimidatori e cancello sempre protetto fanno da preambolo a quello che viene definito come “carcere ospedaliero”. In grado di accogliere addirittura i detenuti sottoposti al 41 bis.

“Non ne sapevo nulla, me ne rendo conto solo ora che lì c’è una prigione”, dicono in coro le decine di persone consultate che per un motivo o l’altro vi passano davanti. Ed è logico pensare come un angolo così delicato sia poco pubblicizzato. “Ogni tanto in effetti spuntano camionette o malati accompagnati da forze dell’ordine”, chiosa uno che lavora in loco, ma preferisce rimanere anonimo.

I primi soccorsi a Ciro Esposito lungo viale di Tor di Quinto

I primi soccorsi a Ciro Esposito lungo viale di Tor di Quinto

Ma di dentro, come funzioneranno le cose? Personale della polizia penitenziaria armato ad ogni ingresso. E di porte ce ne stanno tante. Ognuna blindata e serrata. Chiunque entra ed esce è soggetto a perquisizione totale, anche se indossa il camice bianco. I telefoni cellulari si consegnano al varco e si riprendono al termine del giro. E se uno dei pazienti dovesse uscire per una tac, piuttosto che per altri tipi di accertamenti, la scorta è fitta e ben attrezzata.

Questi sono gli unici dati che emergono dopo un lungo sopralluogo. E in seguito a quattro parole strappate con la forza a chi sa ma giustamente preferisce non dire troppo. De Santis comunque risiede lì. Osservato speciale. In un luogo non-luogo che lo tiene al sicuro da eventuali istinti vendicativi di altri, visto che da Napoli si alternano voci di spedizioni punitive ad altre che indicano invece calma piatta.

Ad attendere De Santis fuori dal nosocomio, per ora, c’è solo un processo per omicidio volontario. Come se poi fosse poco.

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