02052024Headline:

La sottocultura si sfoga su Facebook

Facebook deserted by millions of users in biggest marketsLa notizia del giorno è che pure la sottocultura locale legge Viterbopost. E ne siamo lieti. La reazione alla presa di posizione di un media che ragiona con la propria testa e che tenta di ragionare con un minimo di oggettività è stata molto scomposta. Se fossimo allo stadio andrebbe benissimo la replica “E nun ce vonno sta”.

In ogni caso. Dopo l’articolo uscito ieri su queste colonne, inutile ricordare quale, sui social si è scatenato l’inferno (come disse il Gladiatore, dando il via). Una baraonda mediatica fatta di mezzi insulti, parole decise, commenti ambigui, pareri discordanti e perfino fuori tema. Vedi tutte le gemme destinate a Caffeina. Sulla quale il cronista (o il Guardiano dei Priori, così vuol Facebook) nemmeno si era espresso.

Già dall’alba il buon Trulli, ultimamente in splendida forma, recitava: “sottocultura un par di palle”, forse riferendosi al bando sul Natale. In pieno spirito globale, e quindi Arci(picchia). Seguivano a ruota Marino Martino Canzoneri e Marcella Brancaforte (ve li risparmiamo). Daniele Mattei poi sparava a zero sul giornalismo “in pessime condizioni”, probabilmente conoscendo gli stipendi dei presi in questione. Irene Temperini si agitava qua e là nel contempo. Coniando per la piacevole chiacchierata costruttiva il termine “sottogiornalismo”. E non erano manco le dieci. Buongiorno.

Cerra. Ossia, Tetraedro (quindi ci si rifà al presidente, in quanto se gli si telefona non si può dire: pronto, parlo col signor Tetraedro): “Facciamo spettacoli in giro per l’Italia da svariati anni. Si trova un accordo telefonico o attraverso scambio di mail. È la prima volta che ci capita una cosa del genere”. Risposta rurale: “Co ‘na schioppettata s’ammazza n’ucelletto”. Traduzione: l’esperienza deludente servirà a stare più attenti in futuro. Fortuna che almeno il passato è andato bene. E le colpe di Barelli rimangono (seppur non scritte, ma orali).
Messaggio privato da Giuliano Nisi, XXI secolo. “Non so chi lei sia e con quali competenze parli ma, prima di scrivere certi articoli e certi commenti, la inviterei a informarsi e verificare i progetti e le attività delle varie associazioni”. Firmato, tra gli altri, anche a nome della famiglia del maestro Fausto Ricci. Purtroppo parente del cronista, nonché inconsapevole di aver apposto la sopracitata firma.

Funamboli. Simone Carletti: “Hai voglia ad approfondire se non si capisce di cosa si parla”. Chiaramente essendo sia giornalista sul pezzo, nonché richiedente di contributi, ha una prospettiva più illuminata (e a gettone). Beato Carletti onnipresente.

In conclusione. L’assessore Tonino Delli Iaconi è stato chiaro: “Il Comune non è un bancomat”. Nel senso: in ottica di spending review sono finiti i tempi in cui si foraggiava chiunque. Se c’è riscontro per il territorio ok. Se invece la cosa non piace meglio chiuderla. In alternativa invece, si potrebbe sempre aprire un capitolo a parte tra i comparti dei Servizi sociali. Destinato ai trombati (o presunti tali). Finalmente appagati. Laddove a-pagati avrebbe sempre il suo piacevole significato.

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