Quando domenica pomeriggio Giuseppe Fioroni ha tuonato da San Martino al Cimino, turbando per un attimo la tranquillità del dì di festa, contro ”quelle tre o quattro famiglie comuniste della città, sempre quelle, che vogliono far cadere l’amministrazione comunale”, è scattata la corsa agli elenchi telefonici. Dopo un’attenta consultazione non sono risultate presenti – almeno nel capoluogo, in provincia non si sa – famiglia con cognomi sospetti. Nessun Molotov, nessun Trockij né Breznev, figuriamoci Džugašvili, che poi era il cognome di Stalin. E allora, chi saranno queste famiglie comuniste viterbesi (o viterbesi comuniste) che mettono a repentaglio la seconda metà di mandato di Leonardo Michelini?
Roberto Pepponi, imprenditore di successo – si direbbe illuminato, se non fosse che ultimamente il termine porti un po’ sfiga -, famiglia pure, parentela acquisita con quel Sauro Sorbini che in passato ha messo alla berlina la classe dirigente politica locale e nazionale, con l’ironia e l’irriverenza dei grandi. Ecco, Roberto Pepponi.