Il sorriso di due generazioni di Camilli, il capostipite Piero e il giovane Luciano, con la coppa in mano, nel verde dello stadio Rocchi – la casa di tutti i tifosi della Viterbese – è un’immagine che può aprire un’epoca. E che dà fiducia. Fiducia in un lungo e proficuo matrimonio tra questa famiglia di Grotte di Castro e il capoluogo della Tuscia, all’insegna del calcio, certo, ma anche dello sviluppo in generale.
Qualcuno storce il naso di fronte al metodo Camilli. Troppo duro, troppo autoritario, troppi colpi di testa, troppi ragionamenti fatti di pancia e non con le sinapsi. Punti di vista. Certo, questo imprenditore che partendo dal nulla ha costruito un impero economico (la Ilco, industria leader della lavorazione delle carni ovine, e uno sterminato patrimonio immobiliare), che è da dieci anni sindaco del suo paese, che è stato assessore in Provincia e presidente del consiglio provinciale, può piacere o non piacere. Ma che sia un vincente c’è da poco da dire. Ne sanno qualcosa i tifosi gialloblu, appunto, che hanno dovuto attendere l’arrivo del Comandante per tornare a festeggiare qualcosa: due campionati vinti, e uno sfiorato, in tre stagioni, il ritorno nel calcio professionistico, i sogni sfrenati di un futuro ancora più esaltante.