06052024Headline:

Il Comune celebra gli eroi del rugby

Insogna e Michelini premiamo il presidente Roberto Pepponi

Insogna e Michelini premiamo il presidente Roberto Pepponi

I primi palloni erano fatti di stracci. Perché in quell’Italia del Dopoguerra si giocava anche così, e le trasferte erano avventure, e ci si sentiva pioneri non solo dello sport, ma della Nazione. Anno 1952, a quel geniaccio fuori dagli schemi che si chiamava Sauro Sorbini viene in mente di fondare una società di rugby a Viterbo, e già qui pausa, e lungo respiro. Immaginarsi una disciplina esotica – perché quello era allora – in una cittadina di provincia, nell’Italia che si rialzava dai disastri bellici, le pezze nei pantaloni, la carne in tavola una volta la settimana. Idea folle, coraggiosa, romantica.

Sessantadue anni dopo, oggi. I vertici dell’Union rugby Viterbo sono qui, ingiacchettati e un po’ imbarazzati ai posti d’onore della sala d’Ercole di Palazzo dei priori. Convocati dal Comune per ricevere il premio Città di Viterbo, già assegnato negli ultimi mesi al podista Rolando Di Marco e al Pianoscarano calcio. Stavolta tocca a loro, mentre l’aula è in attesa di cominciare un consiglio comunale che mai si terrà, causa mancanza del numero legale.

C’è il presidente Roberto Pepponi, che proprio imparentandosi con Sorbini entrò in questo mondo fiero e leale, faticoso e terribilmente appagante, che si vinca o che si perda. Intendiamoci: allora la palla ovale non andava mica di moda, non c’erano le partite in tivù, le famiglie allo stadio, gli sponsoroni e le ragazze ponpon. Da fuori poteva essere una roba da sfigati, anche se Pepponi lo dice con parole più politicamente corrette: “Il rugby nell’immaginario collettivo è considerato uno sport minore, eppure parliamo di realtà terribilmente serie. Per dire, l’Union in questo momento ha circa trecento ragazzi tesserati, dai sei anni di quelli del settore giovanile alle quaranta primavere suonate della squadra Old. Tutta gente che porta il nome di Viterbo in giro per l’Italia”.

E’ una questione di valori, il rugby. Lo dice il consigliere delegato del Comune, Sergio Insogna, uno che viene sì dal mondo del calcio ma che da amministratore sta dando tanto spazio a tutte le discipline, giustamente e democraticamente: “Oggi la città ha il dovere di onorare questi personaggi”. Lo ribadisce il delegato provinciale del Coni, Alessandro Pica: “Lo sport è il più grande esempio di volontariato nel Paese. Perché i dilettanti cosa sono, se non dei generosissimi volontari?”. Lo intuisce persino il sindaco Michelini, e poco importa che abbia esordito con una gaffe spettacolare: “Scusate, ma sono poco esperto di baseball”. Sarebbe rugby, sindaco, ma fa nulla.

Riccardo Bocchino: dall'Union rugby alla Nazionale

Riccardo Bocchino: dall’Union rugby alla Nazionale

Ma i valori sono quelli che raccontano lo stesso Pepponi, il vicepresidente Luisi e la memoria storica Alessandro Telli: “Il terzo tempo non è solo un momento simbolico, ma c’è l’essenza dello sport. Finché si sta sul campo si combatte, poi si beve, si mangia e si sta insieme, vincitori e vinti. Perché un rugbysta non è mai da solo”. Fare squadra, già, un concetto più che concreto, se è vero che l’ex capitano dell’Union oggi è il capitano dell’azienda di Pepponi: si chiama Marco Lanzi, e il presidente giura che abbia acquisito certe doti proprio sui campi, tra il fango e le caviglie e quel rumoraccio di costole che s’incrinano.

La società s’intasca questo premio (una targa col simbolo della città realizzato dall’artista Di Gaetani) e lo esporrà accanto agli altri, nella club house del campo Quatrini, sulla Teverina. Accanto a centinaia di coppe, gagliardetti e riconoscimenti, anche la Stella d’oro del Coni, massima onorificenza sportiva italiana. Da quest’anno, l’Union – che frequenta la serie B e che conta di andare in A in un paio di stagioni – tiene anche il conto di tutti i giocatori che ne hanno indossato la maglia, con il classico “cap” che si assegna in questo sport: “Dal 1952 sono 678, 8 dei quali hanno servito anche la Nazionale”, ricorda Telli con orgoglio.

E mentre si pensa a chi non c’è più (ai La Rosa, ai Mascolo, ai Gasparini, ai Gabrielli, ai Sensi), vale la pena anche sperare che il Comune, oltre ai riconoscimenti, dia un po’ di dignità agli spogliatoi del campo, che da anni aspettano un robusto maquillage. Se lo merita il popolo del rugby, se lo merita la storia passata, presente e futura dell’Union.

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