Visto che la situazione drammatica non ispira tanto ottimismo, e visto che il (modestissimo) compito di Viterbopost, oltre ad approfondire, (tentare di) spiegare, raccontare le cose, dovrebbe anche essere quello di “intrattenere”, proviamo a fare un bel giochino. Tipo: se per qualsiasi motivo l’amministrazione Michelini dovesse cadere, cosa succederebbe dopo? Ora, fermo restando che il sindaco e i suoi potranno dedicarsi nel frattempo a tutti i rituali scaramantici del caso, proviamo a giocare.
Centrosinistra. Se cade l’attuale giunta, vuol dire che qualcosa non ha funzionato: elementare Watson (voto 6). E dunque che la formula che due anni fa portò alla vittoria delle elezioni comunali aveva già qualche difetto di fabbrica, seppure messa a punto da uno stratega d’eccezione come l’ex ministro Fioroni. Qualche falla che, col tempo e con la paja, s’è maturata e ingrandita. Il triciclo Pd, civici e Sel è via via diventato un tandem (voto 2) e alla lunga a pedalare in due ci si stanca. Specie se uno viene dalla tradizione di un grande partito (perché questo è il Pd, almeno a livello nazionale) e l’altro invece arriva, in un modo o nell’altro, dalle tradizioni del centrodestra. L’unità d’intenti non ha funzionato per governare la città e non potrà essere riproposta una seconda volta al gradimento dei viterbesi. Si rischia la figuraccia, o la perdita di credibilità. Insomma: un Michelini bis è impossibile (forse anche per espresso desiderio dello stesso Leonardo, voto 6 di solidarietà). Dovranno inventarsi qualche altra cosa. Il problema è: che cosa? Puntare sulle quote rosa alla Ciambella, che in fondo ha le qualità – e si sta facendo esperienza – per indossare la fascia tricolore su uno dei suoi tailleur? Sparigliare tutto e scegliere un giovane slegato dalle logiche di partito, per esempio Marco Ciorba? O un altro giovane che nel partito si è fatto le ossa (Troncarelli, Scorsi, Minchella e via dicendo)? Se fossimo nell’attuale maggioranza, e nei partiti che la alimentano, inizieremmo a porci il problema. Non si sa mai.
E il centrodestra? Qui la questione è diversa. Intanto perché sono già passati due anni dalla sconfitta: gli errori commessi nella ricandidatura di Marini (poi battuto al ballottaggio) e la percezione di quella sua amministrazione sono stati mitigati dal tempo, e magari anche dalla performance di chi è arrivato dopo. E’ un jolly che ci si può giocare con fiducia. Il problema, semmai, è l’hombre (o la mujer) da candidare. Con una certezza: se due anni fa nessuno voleva presentarsi, tant’è che Giulietto fu quasi costretto a ripresentarsi, stavolta potrebbe esserci la fila. Da Santucci – che in aula tutto sommato è quello che fa l’opposizione più tenace e argomentata – a quegli esterni ora impegnati in altri scenari, e qui è facile pensare a Francesco Battistoni, a Mauro Rotelli, a Daniele Sabatini. Tutti nomi che potrebbero finire nel calderone. I dubbi, semmai, stanno a monte, cioè nell’effettiva consistenza dei partiti. Forza Italia è spaccata (si veda la recente gazzarra per le provinciali) e a livello nazionale il suo futuro è incerto. Fratelli d’Italia è forte qui e solo qui. C’è il fenomeno Lega, o forse è una moda (voto 5). Insomma, le alleanze sono tutte da scrivere. Soluzioni? Primarie e grande coalizione civica per riprendersi Viterbo. Copiando, in buona sostanza, la formula che aveva portato Michelini alla clamorosa vittoria. E non è escluso che qualcuno che oggi stia in maggioranza non si ritrovi in maggioranza anche domani, con un altro sindaco e con altri colleghi. Per la serie: viva il trasformismo, voto 1.5.
Un’ultima considerazione sul Movimento Cinque Stelle. Che a Viterbo offre una versione moderata (di provincia?) del fenomeno sguaiato e provocatorio che spesso affiora in altre parti d’Italia. Due anni fa riuscirono ad eleggere un solo consigliere in aula, quel Gianluca De Dominicis che è persona seria. Se si andasse a votare a breve, al netto dei loro meccanismi di scelta dei candidati, i grillini potrebbero intercettare anche maggiori consensi. Merito del loro impegno, certo, ma anche “merito” dei fallimenti e degli scandali che hanno investito chi governa. Si chiama voto di protesta, l’ultima fermata prima di quel capolinea che si chiama astensione. O se volete indifferenza, voto 5.5.