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Elezioni, il vero pericolo è Berlusconi

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi

Dunque, ci siamo. Dopo una snervante campagna elettorale finalmente è arrivato il momento di andare a votare. E di capire finalmente come la pensa il popolo italiano. In questi giorni ne abbiamo sentite tante, forse troppe. Ed è sicuramente un bene che sia finito il chiacchiericcio infinito sul bene del Paese, cui tutti, ma proprio tutti, dicono che si vogliono dedicare.

La mia impressione invece è che purtroppo – e sottolineo purtroppo – ci troviamo ancora una volta (la quinta in vent’anni) di fronte al dilemma Berlusconi sì, Berlusconi no, quando invece si sperava (o almeno il sottoscritto sperava) di passare a una fase diversa, fatta magari di più proposte, all’interno delle quali poter scegliere liberamente.

E allora: chi sta con Berlusconi sì, sa quello che deve fare. Chi invece sta con Berlusconi no deve comunque adattarsi a quella che oggi è l’offerta alternativa, ma con un rischio: che l’eccessivo spezzettamento del voto potrebbe in qualche modo favorire colui che non vuole vedere assolutamente un’altra volta al governo dell’Italia. Ecco dunque che la scelta diventa in qualche modo obbligata, anche se non del tutto soddisfacente, tanto da far riesumare al sottoscritto il detto montanelliano “turiamoci il naso e votiamo Pd”.

Mi riesce comunque difficile capire (e qui confesso tutta la mia incapacità di comprensione dei fenomeni di massa) come sia possibile ancora oggi credere in Silvio Berlusconi. Tifosi a parte (la fede è qualcosa di irrazionale), ritengo che tutto ciò che è accaduto in questi anni avesse decretato il definitivo declino della stella di Arcore. Che invece, sembra ancora vivo e vegeto. Ora, mentre posso concordare col fatto che Berlusconi, quando scese in campo, rappresentò una grande speranza per gran parte degli italiani, alle prese con Tangentopoli e con la fine della prima Repubblica, oggi tutto questo ragionamento non ha più alcuna ragione di esistere.

Dunque, analizziamo i fatti. Berlusconi ha governato dal 2001 al 2006 e dal 2008 al 2011: totale: nove anni. La famosa rivoluzione liberale da lui promessa è rimasta nel cassetto. Lo Stato più leggero è rimasto un sogno. Ha tolto l’Ici, ma la cosa ha provocato danni enormi ai Comuni sempre più in difficoltà nell’erogare servizi e costretti quindi ad aumentare l’imposizione locale (leggi: tasse). Di fronte alla crisi che ha colpito l’intera Europa, prima l’ha negata (ricordate i ristoranti pieni?); poi, quando ha capito che non si poteva più far finta di nulla, ha passato la mano a Mario Monti, che ha dovuto metterci una pezza con provvedimenti lacrime e sangue. Che il Pdl ha però votato. E adesso? Ci viene a promettere un’altra volta il Bengodi quasi fosse atterrato ieri da Marte. Tentando di farci credere che le difficoltà in cui si trova l’Italia dipendano da Monti (che ha governato poco più di un anno) e non da lui. Forse è un po’ troppo, anche se da Silvio c’è da aspettarsi di tutto. Compreso il fatto che il Parlamento abbia votato che Ruby era la nipote di Mubarack.

Ecco. Io ritengo, in tutta la mia faziosità, di aver tentato di fare un ragionamento utilizzando dati oggettivi. Ma vedo intorno a me che la favola berlusconiana ha ancora un suo fascino, catalizzata anche da certe iniziative al limite della truffa, come la lettera inviata agli italiani con le istruzioni per la restituzione dell’Imu. Iniziative che puntano solo sull’ingenuità e – se permettete – sull’ignoranza delle persone.

Per questo ritengo che il vero pericolo in queste elezioni non sia tanto Beppe Grillo (anzi, una corposa presenza di grillini in Parlamento non potrà fare che bene), bensì Berlusconi. Se, ovviamente, gli italiani continueranno a dargli quella fiducia che non merita più.

 

 

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