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Esercizi pubblici: troppi i divieti da osservare

ristorantePubblici esercizi: proseguiamo nel nostro percorso e vediamo quanto coraggio e impegno stanno investendo i nostri gestori, sia quelli che hanno tanti anni di lavoro alle spalle e devono stringere i denti per arrivare alla pensione, o i neo gestori preoccupati di riuscire a pagare il mutuo contratto per aprire l’attività. Dicevamo coraggio ed impegno: è proprio questo il problema. Stiamo attraversando, come detto più volte, una grande crisi economica, dove tutti siamo impoveriti e scontenti. Le famiglie perché il loro potere d’acquisto si è logorato, le imprese perché in questo Paese ingessato è sempre più difficile lavorare con soddisfazione. Certo, non è tutta colpa della politica: le responsabilità a mio parere sono più diffuse. Visto che tra pochi giorni andremo a votare, auspichiamo che la nuova classe dirigente abbia le capacità e la voglia e di portarci fuori dalle sabbie mobili in cui siamo finiti. Lo sanno bene gli esercenti che da anni denunciano l’assenza di qualsiasi intervento per far ripartire i consumi. Lo sanno i lavoratori e i consumatori che hanno progressivamente perduto il loro potere d’acquisto per mantenere il livello di vita raggiunto. Ma andiamo per ordine e vediamo quanti divieti e imposizioni ci sono dietro la gestione del pubblico esercizio.

Divieto di somministrare alcool dopo le ore 11. Un divieto che sferra ancora una volta un attacco feroce alla dignità di fare impresa di tutti i pubblici esercizi. La licenza di somministrazione rilasciata dal Comune di cui dispone ogni gestore, deve essere utilizzata al cento per cento. Sarà poi l’esercente responsabile di non somministrare alcool ai minori o a persone in stato di ebbrezza. Non si possono sempre scaricare sui pubblici esercizi i problemi dell’intera popolazione, anche se pur consapevoli che l’ abuso di alcool può compromettere la vita umana. I gestori stanno facendo uno sforzo enorme per riuscire a contenere questo fenomeno. Pensiamo ai grandi eventi, quando si concentrano nel locale grandi flussi di giovani. Una boccata d’ossigeno per le entrate dell’esercente, ma anche tante preoccupazioni poiché, dovendo rispettare l’ordinanza, devono rifiutare la somministrazione di alcool dopo l’orario imposto. Quante volte abbiamo letto sui giornali di risse nei bar nei confronti del gestore che si rifiutava di servire bevande alcoliche?

Consideriamo inoltre che l’ordinanza comunale comporta ulteriore costi gestionali, poiché nell’orario notturno si devono utilizzare per asporto bicchieri e bottiglie di plastica, senza peraltro provare a ritoccare i listini. Così come quando al tempo del divieto del fumo, si voleva far diventare “sceriffi” baristi e ristoratori. Per fortuna, la politica rientrò sui suoi passi, togliendoci questa responsabilità di controllo, peraltro illegale, e mantenendo il divieto. Se devo essere sincera è stato l’unico divieto accettato di buon grado da molti gestori e clienti non fumatori. Poiché lavorare per venti ore al giorno in un locale pieno di fumo comprometteva la salute di tutti.

Ma come al solito per il gestore non è stato tutto “rose e fiori”, perché tale divieto ha comportato per l’esercente che ha voluto creare – per non perdere i clienti – la sala fumatori, un enorme impegno economico. Ricordiamo pertanto alla politica che ogni giorno circa 30 milioni di persone s’incontrano in un bar o in un ristorante. Quest’ultimi sono una rete di luoghi nei quali si sviluppano democrazia e libertà d’opinione: una sorta di confessionale della popolazione. Luoghi che generano turismo e quindi ricchezza. Per questo si chiede alla politica più ascolto e attenzione prima di legiferare.

Come disse S. Agostino riportando le parole dell’apostolo Giacomo “ ognuno di voi sia pronto ad ascoltare, ma lento a parlare”.

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